Sono strani tempi per chi ragiona con la propria testa e ha abbastanza memoria da andare oltre le notizie del giorno. Oggi, per esempio, campeggia la notizia che il mercato dell'auto continua la sua caduta libera e fioccano i commenti preoccupati. La settimana scorsa, invece, c'è stata attenzione sul caro-benzina. Abbiamo appreso tutto ciò dagli stessi mezzi d'informazione che fino a pochissimi anni fa (e anche oggi, quelle poche volte in cui se ne ripresenta l'occasione) ci fustigavano perché scegliamo di muoverci prevalentemente in auto e ospitavano le tuonate di illustri accademici, secondo i quali questo malcostume sarebbe stato sradicato solo facendo costare la benzina più di due euro e mezzo al litro.
Scherzavamo tutti? No. Semplicemente, c'è modo e modo di arrivare a disincentivare l'utilizzo dell'auto. Non è bello né giusto arrivarci di botto, catapultati giù da una crisi feroce: bisognerebbe che il rafforzamento dei mezzi pubblici sia continuo e percepibile, tanto da portarci giorno dopo giorno a fare sempre meno uso delle vetture private, fino a ridurlo ai soli spostamenti davvero indispensabili o a quelli del tempo libero compatibili con congestione e smog.
Intanto sta di fatto che il caro-benzina e il caro-gasolio hanno fatto crollare anche la domanda di prodotti petroliferi, inducendo molti a diminuire le percorrenze. Ma, sorprendentemente, c'è anche gente che le ha aumentate. Inquinando e consumando di più. E tutto questo solo per cercare di risparmiare sul costo del rifornimento. A dimostrazione che, quando la corda delle tasse si tira troppo, finisce per spezzarsi: lo Stato incassa meno del previsto e induce gente a inquinare e consumare di più. Lo ha raccontato un sempre attentissimo Enrico De Vita (pioniere della difesa dell'automobilista-consumatore) su "Auto" di questo mese.
Enrico ha descritto la via crucis delle autobotti che portano i combustibili nei 19 (diciannove!) distributori di Livigno. Che è un paesino di poche anime in alta montagna, al confine con la Svizzera e in posizione isolata (da Milano, complici il traffico brianzolo e la paurosa inadeguatezza del tratto valtellinese, ci vogliono quattro ore per arrivarci e talvolta anche cinque). Per questo, fiscalmente Livigno è zona franca. E pazienza se, nei decenni trascorsi da quando ha ottenuto questo status, non è più un paesino di poveri pastori, ma una rinomata e ricca stazione sciistica. Questo e lo sconto di 80 centesimi al litro ottenibile per lo status di zona franca spiegano la presenza dei 19 distributori.
Con la crisi e il caro-benzina, la clientela è cresciuta. Sono in centinaia a mettersi in processione per decine di chilometri, appesantendo traffico e smog nei paesi lungo la statale 38 e dintorni. Nota giustamente Enrico De Vita che il contenuto dell'autobotte potrebbe essere venduto al prezzo di Livigno anche nella località di partenza: si risparmierebbe in consumi e inquinamento. senza contare il costo dei controlli che deve fare la Guardia di finanza per limitare i casi di contrabbando (c'è gente che riempie taniche e serbatoi artigianali ben oltr ei 60 litri consentiti dalle norme antincendio).
Ma troppo spesso la ragionevolezza è propria solo dei bambini.