Nel complicato sistema giudiziario italiano, i conti si fanno sempre in Cassazione. Quindi anni e anni dopo i fatti sui quali si è prima indagato e poi discusso per due volte davanti ad altri giudici. Il tutto, poi, per avere una sentenza che sarà sì definitiva, ma non ci dice con certezza se l'imputato è innocente o no: spesso, i reati sono difficili da dimostrare o comunque ci sono comportamenti brutti e odiosi eticamente, ma che non sono reato. Tutto questo è fondamentale per capire le notizie che vi sto per dare sul sostanziale naufragio dei vari processi sullo scandalo dei T-Red, che tanto ha fatto scrivere e discutere due-tre anni fa.
Di tutta la marea di imputati in mezza Italia tra vigili, fornitori di apparecchiature di controllo e il costruttore delle medesime, è rimasto ben poco. Archiviazione totale a Treviso l'anno scorso e a Novara un mese fa, richiesta di condanna per il solo costruttore e di rinvio a giudizio per il comandante della Polizia municipale di Spello a Perugia, richiesta di rinvio a giudizio per il solo costruttore nell'inchiesta di Verona (quella che probabilmente fece più rumore a livello nazionale), poi trasferita a Rovigo. Sicuramente mi sfuggono altri sviluppi, perché il caso è tanto complesso e geograficamente frammentato che non si può seguire tutto, ma sembra abbastanza per "sentenziare" che la montagna ha partorito un topolino. Com'è potuto succedere?
In parte, come vi scrivevo, tante cose brutte non sono reato e quelle che lo sono è difficile dimostrarle inoppugnabilmente in giudizio. Così deve restare la condanna morale per i tanti Comuni che hanno installato semafori senza fare un progetto per regolare al meglio il traffico in ogni singolo incrocio, per quella parte di Comuni che si sono fatti imporre dai privati la scelta degli incroci in cui piazzare gli apparecchi di controllo (ovviamente il criterio spesso è quello di far soldi, non di scegliere i punti più pericolosi) e per tutte le persone consapevoli che la gente passa col rosso appena scattato sapendo che "si può" e quindi i controlli automatici avrebbero fatto nei primi tempi una strage di multe, mentre sarebbe stato bene impostare prima campagne educative per la popolazione all'insegna del "così non va, da domani controlli severi".
Di alcune di queste cose emerge qualche brandello in relazioni di periti citate di straforo in qualche provvedimento dei giudici. Ma ci vuole concentrazione per realizzare che dietro c'è tutto quello che vi ho appena descritto.
Poi c'è la vicenda della controversa omologazione del T-Red, su cui si è indagato a fondo praticamente solo a Verona per concludere che, se reato c'è stato, probabilmente lo ha commesso il costruttore, che potrebbe aver ingannato il ministero delle Infrastrutture. Su questa parte, non so se si arriverà mai a una conclusione univoca. Ma anche qui due cose sono certe: configurare reati non è semplice (anche perché stiamo parlando di tecnologie sofisticate e il confine tra la truffa e il normale adattamento tecnico è molto sottile) e le inchieste sono servite come lezione per molti addetti ai lavori (a partire dal ministero) per alzare il livello di attenzione. Magra consolazione.
Comunque la pensiate, è fin troppo chiaro che in tutto questo tormentone c'è stata una grande assente: la sicurezza stradale. Quella in nome della quale nascono i controlli automatici e che dovrebbe essere accompagnata da una progettazione attenta di strade e impianti e dall'educazione dei cittadini. Vogliamo finalmente ripartire da qui, please?