Andiamo verso l'obbligo di dispositivi per la chiamata di emergenza (eCall) a partire dal 2015, montati di serie sui veicoli nuovi. Notizia fantastica: sono dispositivi che salvano vite umane. Ma pochi si sono chiesti: che si fa con le moto? Proprio i motociclisti ne avrebbero i maggiori vantaggi, visto che sono i conducenti più a rischio di farsi male. Ma proprio le moto sono i veicoli su cui far funzionare l'eCall è più difficile: montarlo a bordo può causare allarmi sia falsi sia mancati, perché conducente e passeggero vengono facilmente sbalzati e quindi sono soggetti a urti diversi da quelli che prende il mezzo.
Quindi, ci vogliono più soldi per sviluppare un sistema specifico per le due ruote. Che però sono solo una minoranza dei veicoli, quindi il costo va a spalmarsi su un numero minore di esemplari, con un impatto non trascurabile su prezzi al pubblico più bassi rispetto a quelli dei veicoli a quattro o più ruote. Un po' lo stesso problema che da anni si pone per l'Abs. Con l'aggravante che ora la crisi galoppa sempre più.
Così non è un caso se i costruttori di moto caldeggiano una soluzione che toglie loro i problemi: integrare l'eCall nel casco o nel vestiario. Intendiamoci: non è una cattiva idea. ma il massimo si otterrebbe integrando sensori a bordo della moto con altri addosso alle persone. Lo dice uno studio degli stessi costruttori. Che però aggiungono che ciò è economicamente fattibile solo sui modelli di gamma alta.
Siamo alle solite: la sicurezza costa. Anche se fa risparmiare vite umane. Perché parliamo di costi che vengono sostenuti da soggetti diversi, ognuno dei quali vede i propri. E, soprattutto, non ci accorgiamo che, alla fine, siamo sempre noi che paghiamo: o come consumatori (sotto forma di prezzi d'acquisto più alti) o come semplici cittadini (sotto forma di maggiori tasse per far funzionare il sistema sanitario).