Non capita spesso che i lettori si presentino direttamente in redazione per segnalare i loro casi. L'altro giorno è successo e l'ho ricevuto io. Era un "falso invalido al contrario", come lo ha giustamente definito il settimanale "Oggi", che si è già occupato della vicenda: ad Antonio Balbo, 49 anni, quasi vent'anni fa era stata dato un trattamento mica male, oltre 1.800 euro al mese. All'inizio, sembrava un trattamento giustificato. Poi Balbo ha scoperto di essere sano e, come dovrebbero fare tutti nei pochi casi del genere, ha chiesto di farsi togliere questa pensione. Per non gravare sulle casse pubbliche e per poter tornare ad avere un lavoro, visto che questo assegno si "portava dietro" la qualifica di invalido permanente al 100%.
A parte la paradossalità del caso, la domanda che qui c'interessa è: com'è stato possibile emettere un verdetto così grave e definitivo nei confronti di una persona che poi è guarita? C'interessa perché quel verdetto l'ha emesso la Commissione medica locale, con un meccanismo analogo a quello delle patenti di chi ha determinate malattie o dipendenze che influiscono sulla guida.
L'idea che si è fatto Balbo nel suo peregrinare tra ambulatori e uffici è che le commissioni lavorino, diciamo così, con scarsa attenzione. Il loro ruolo talvolta si riduce semplicemente a vistare i referti di altri medici ed è proprio quello che è successo a Balbo. Così un caso di "semplice" malasanità (la diagnosi sbagliata rilasciata a Balbo da un ospedale milanese) è diventata un costo indebito per lo Stato e un impedimento per l'interessato a ottenere un lavoro. Per altri, queste stesse cose si possono tradurre in una patente rilasciata con troppa facilità o negata senza motivo.
Può succedere perché la mole di lavoro è eccessiva. Lo testimoniano anche i tempi biblici per ottenere un appuntamento. Tanto che il decreto legge sulle semplificazioni (Dl 5/12) da un lato sgrava le Commissioni (togliendo loro la competenza sulle visite agli ultraottantenni, assegnate loro meno di due anni fa dalla riforma del Codice della strada) e dall'altro prevede che le Regioni possano istituirne nelle zone dove ce n'è più bisogno (a prescindere dai criteri "miopi" previsti oggi dal Regolamento di esecuzione del Codice della strada).