In fondo, ci sarebbe stato da aspettarselo: 19 Maserati blindate comprate da un ministero fanno notizia e polemica in un'Italia i cui conti pubblici la rendono sorvegliata speciale in tutta Europa e non consentono di trovare i soldi nemmeno per fare rifornimento ai mezzi di servizio delle forze dell'ordine. Ma vedere che la cosa diventa addirittura oggetto dell'editoriale di prima pagina sul Corriere della Sera (di ieri) impressiona comunque. Inutile aspettarsi un'analisi strettamente tecnica in un editoriale, che ovviamente batte su questioni di opportunità e di morale. Proviamo allora a farla noi, con i pochi strumenti che abbiamo a disposizione.
Va premesso che dal punto di vista dell'opportunità i dubbi vanno condivisi. Siamo tutti d'accordo sul fatto che il ministero in questione (la Difesa) non sembra avere grandissime esigenze di sicurezza: l'ultimo militare ucciso da terroristi in Italia credo sia stato il generale Licio Giorgieri e correva l'anno 1987. Pare d'accordo anche il ministro Ignazio La Russa, che nel difendersi dalle critiche ha comunque concluso che darà disposizione di non rinnovare la flotta quando anche queste Maserati Quattroporte finiranno il loro ciclo di vita, a dimostrazione che pure lui è convinto della loro inutilità. La Russa appare debole pure quando ricorda che l'acquisto è stato deciso un paio di anni fa: già all'epoca abbondavano le notizie sulle volanti senza benzina né pezzi di ricambio, mentre una berlinona blindata lunga cinque metri – a parte il prezzo di acquisto – ha consumi che possono arrivare anche a tre chilometri con un litro (pesa quasi il doppio della versione normale, che con le sue due tonnellate, non di rado fa i cinque-sei al litro).
Ma proviamo a immaginare che ci siano reali esigenze di protezione di persone che operano nell'ambito della Difesa. Ha senso fornire loro vetture del genere, che peraltro appartengono a un marchio così di lusso?
La Russa ha gettato acqua sul fuoco delle polemiche, dicendo che l'offerta della Maserati alla gara indetta dal suo ministero per la fornitura era stata la più conveniente (e ci mancherebbe: le gare pubbliche si aggiudicano al migliore offerente). La giustificazione non sembra campata in aria, perché in fondo l'attuale Maserati Quattroporte è un modello anziano, in listino da quasi un decennio e destinato a essere sostituito l'anno prossimo. Resta la curiosità su quanto sarebbe costata la Subaru Legacy, abbastanza grande ma meno lussuosa. Ma il punto è: non esistono modelli più piccoli?
Che mi risulti, la risposta attualmente è no: la Bmw non vende più la Serie 3 blindata (che esisteva solo per la generazione uscita di produzione nel 2005) e la Lancia Lybra non c'è più da circa un lustro. Queste sono le ultime berline compatte (sui quattro metri e mezzo) che si sono viste in versione blindata sulle strade italiane e la loro compattezza le ha rese molto diffuse nelle scorte dei magistrati. I listini Bmw partono dalla Serie 5, la Lancia è assente da quando non fa più la Thesis (vedremo ora se le linee Chrysler canadesi faranno una versione blindata della 300, che ora arriva in Italia marchiata come Lancia Thema). E l'Audi parte dalla A6, la Mercedes dalla Classe E.
Oggi il mercato delle auto blindate è sostanzialmente cambiato rispetto agli anni del terrorismo e delle stragi di mafia: è in mano soprattutto alle case automobilistiche, che con la sempre più sofisticata evoluzione delle vetture e delle tecniche di protezione, hanno guadagnato terreno rispetto alle carrozzerie indipendenti specializzate che erano sulla cresta fino agli anni Ottanta. Questo significa che si è passati dalla trasformazione di auto di serie sostanzialmente scelte dal cliente a un listino chiuso di modelli. Da questo listino, negli ultimi anni, sono sparite le berline medie. Colpa del mercato che non tira (le blindate sono in prima battuta per capi di Stato e magnati) o delle case che hanno dirottato la domanda verso modelli più costosi?