Chiamatela Europa unita, se volete. E maleditela, quando scoprite che le sue regole ci impediscono di varare leggi nazionali che migliorino le dotazioni di sicurezza obbligatorie sui veicoli (ieri il giubbino rifrangente, oggi la scatola nera, domani chissà cos'altro). Ma guai a pensare che le norme europee siano sempre una gabbia: in materia di patenti, per esempio, lasciano agli Stati membri ampi spazi di "personalizzazione" (tanto che l'Italia . Che di per sé non sono un male (c'è da adattarsi al fatto che strade, comportamenti degli utenti e operatività delle autorità nazionali variano e continueranno a variare da Paese a Paese). Ma si possono innescare fenomeni paradossali. Come l'impossibilità di guidare all'estero per chi ha preso la patente moto in Spagna dall'8 dicembre 2009.
Infatti, la Spagna ha corso troppo, adottando la terza direttiva patenti (2006/126, poi integrata nel 2009) a fine 2009, quando è prescritto che l'entrata in vigore sia al 19 gennaio 2013 (infatti l'Italia nei mesi scorsi ha approvato il Dlgs di recepimento, che entrerà in vigore appunto tra un anno e mezzo). E ora sta valutando di innalzare i requisiti di formazione pratica per ammettere i candidati all'esame per la moto. La Francia sta poi pensando di imporre a chi guida moto di dimostrare (in che modo?) che ha all'attivo un certo numero di ore di guida, per evitare l'aumento degli incidenti tipico di quando un motociclista riprende a guidare dopo tanto tempo in cui non si è allenato (si sa che aprile col clima che invita è sempre un mese con tanti morti in moto).
Sono idee non sbagliate in sé: la formazione e l'allenamento non saranno mai abbastanza e non è un caso se i piloti di aereo studiano anni e possono mantenere il brevetto per un certo tipo di apparecchio solo se ci volano per un minimo di ore in un determinato periodo. Ma come si fa a esportare modelli del genere in settori molto meno controllati e controllabili come la circolazione stradale di massa? Senza contare che arrivare fino a un brevetto aeronautico può costare decine di migliaia di euro (tanto che, soprattutto in passato, si entrava all'Accademia proprio per formarsi "gratis" e lasciare la divisa dopo, appena possibile): possiamo farlo anche per una patente?
Ovviamente bisogna trovare un giusto compromesso, magari più in alto rispetto ai livelli minimi attuali.
Intanto i costruttori si preoccupano: a parte i costi delle patenti, il rischio che le diversità nazionali limitino la libertà di movimento dei loro clienti (come nel caso della Spagna) possono deprimere il mercato. Di qui il comunicato dell'Acem che potete leggere qui (Scarica Direttiva patenti Industry concerned about transposition initiatives of new Driving Licence Directive in the EU).