Nei tardi anni Ottanta da bere, per le strade di Taranto giravano auto (di solito belle, tipo Lancia Thema) con un pass grande orgogliosamente esibito sul cruscotto. Il pass, di colore rossoblu come il simbolo della città e la maglia della locale squadra di calcio, dava diritto a circolare sulle corsie preferenziali, la salvezza in un traffico inutilmente congestionato (all'epoca nel cuore della città ci si poteva benissimo spostare a piedi). Avevo la netta sensazione che il sindaco-barman dell'epoca avesse esagerato nel distribuirlo ad amici, notabili e sedicenti tali. Insomma, mi pareva una sgradevole storia di provincia, della mia provincia. Tanto sgradevole da riderci su. Mi sono invece intristito la settimana scorsa a leggere la notizia che in un'altra città rossoblu i calciatori (calciatori professionisti!) circolavano "regolarmente" muniti di pass per disabili. Ancor più tristi i tentativi di discolpa dei diretti interessati. Parliamo di una città che passa per civilissima: Bologna. Un altro segno di declino per un'Italia rintanata nella furbizia.
Ora, come mi segnala Francesco Matera, si discute su qualche soluzione alternativa: dalla reintroduzione dei buoni-taxi alla più scontata (si è fatta ovunque siano scoppiati scandali analoghi)revisione dei pass. Ma il punto è sempre quello: garantire che chi usa il pass sia davvero al servizio di un disabile. E per fare questo non c'è controllo che tenga: solo il senso civico può dissuadere da abusi. Se il senso civico non c'è…