Di bambini, su strada, non ne muoiono molti in assoluto. Forse è per questo che in Italia non se ne occupano nemmeno le campagne istituzionali per la sicurezza, tranne Bimbisicuramente e poche altre. Però gli incidenti stradali sono la maggior causa di morte in tenera età. E campagne informative ce ne vorrebbero davvero tante, a giudicare dall'incidente dell'altro giorno sul Raccordo anulare di Roma: bambino morto perché sbalzato fuori dall'abitacolo e genitori solo feriti. Segno che la coppia aveva fatto il proprio dovere di automobilista e passeggero, allacciandosi le cinture. Ma aveva trascurato quello di genitore, lasciando il figlio senza protezione (magari tenendolo in braccio davanti, a pochi centimetri da un airbag che scoppia in modo devastante per chiunque si trovi nella zona che i progettisti hanno individuato per farlo gonfiare) o allacciandolo in modo scorretto.
Non volendo pensare a un intento omicida dei genitori, restano due possibili spiegazioni: leggerezza o ignoranza (e noi illusi che sottilizziamo pure su quale seggiolino sia migliore). Entrambe vanno combattute con campagne mirate, che cancellino dalla mente dei genitori il ricordo di quando loro stessi erano piccoli. Tempi in cui si andava in giro allo stato brado.
L'Italia era stata il primo Paese europeo a rendere obbligatori i seggiolini, nel 1988. Ma nella pratica, manco a dirlo, tutto era naufragato. Così i primi genitori che sono stati allacciati da bambini, di fatto, devono ancora arrivare: chi oggi è in età per avere un figlio appartiene ancora a una generazione per la quale il "problema" non si era ancora posto.