Tanto rumore per nulla. Come spiego sul Sole-24 Ore di oggi, pare che i Comuni siano destinati a tenersi buona parte dei proventi delle multe per eccesso di velocità: non è applicabile nemmeno alla rete Anas la sbandierata devoluzione della metà del gettito all'ente proprietario della strada su cui è stata commessa l'infrazione, per interventi sulla sicurezza della sua rete. La devoluzione era stata una delle bandiere della riforma del Codice, sventolata principalmente da chi cerca voti tra i multati e gli insofferenti ai controlli. La riforma dice che la devoluzione non si applica alle strade in concessione, cioè in prima battuta alle autostrade (i cui gestori hanno già i pedaggi e poca voglia di entrare nel ginepraio contabile aperto dalla norma, che per esempio non specifica nemmeno se vada considerato il gettito teorico o solo quello effettivo).
Solo che adesso si scopre che pure le statali sarebbero in concessione: la proprietà è dello Stato, che le ha affidate all'Anas con un atto che pare avere natura concessoria. A questo punto, la devoluzione (che peraltro non è ancora partita perché manca il decreto ministeriale attuativo) varrebbe solo sulle provinciali e sulle poche strade che le Regioni hanno preso in gestione diretta. In teoria, ci sono pure le strade comunali, ma sarebbe una partita di giro perché, nel caso dei tanto contestati servizi della Polizia locale, il beneficiario sarebbe sempre il Comune (anche se in teoria con la riforma deve rendere conto meno evasivamente di prima su come usa i fondi, per dimostrare di averli dedicati alla sicurezza nella misura prevista dal Codice).
Dunque, per la messa in sicurezza della rete Anas le risorse si assottigliano ulteriormente. Due mesi e mezzo fa, il presidente Pietro Ciucci ha dichiarato al Senato che l'anno scorso i 300 milioni provenienti dal sovraprezzo sui pedaggi versati dall'utenza delle autostrade a pagamento assieme ai 240 milioni versati dallo Stato come corrispettivo previsto dal contratto di servizio non sono bastati a coprire i costi di gestione, tra cui la manutenzione ordinaria dei 25mila chilometri di rete Anas. Per quest'anno, lo Stato non pagherà più il corrispettivo, che dovrebbe essere sostituito dal maggior gettito del sovraprezzo pedaggi, aumentato dal 1° luglio 2010. Ciucci ha dichiarato che è presto per valutare a quanto ammonterà questo maggior gettito, ma si teme che non possa compensare l'assenza del contributo statale. La situazione potrebbe migliorare se il sovraprezzo fosse esteso anche ai pedaggi che saranno istituiti su autostrade e raccordi Anas, ma non è ancora chiaro se ci sarà (c'è una bozza top secret su cui stanno ragionando Tremonti e Matteoli) ed è possibile che tutto possa slittare dal 1° maggio prossimo al 1° gennaio 2012 (martedì verrà votato un emendamento Pd al milleproroghe e non mi stupirebbe se passasse, perché in effetti non sarà facile far partire un sistema di pedaggi senza caselli, visto che occorrerà non solo mettere su un sistema Telepass ma anche prevedere una vendita capillare di tesserine ricaricabili eccetera).
Inoltre, si profilano nuovi costi: quelli relativi all'applicazione della direttiva 2008/96 sulla sicurezza delle infrastrutture stradali, in corso di recepimento. Molti degli interventi previsti andranno in conto investimenti, ma ci sarà anche da formare il personale che dovrà fare le ispezioni sulla sicurezza previste dalla direttiva. Da dove si prenderanno i soldi, visto che l'operazione dev'essere a costo zero per le finanze pubbliche (lo dice la direttiva stessa)? La filiera confindustriale della manutenzione stradale teme che l'unico spazio disponibile ci sia proprio nei costi di gestione Anas. Quindi, a scapito della manutenzione stessa.