Autocarri antifisco/1 – Agli evasori fiscali non servono più. Ma la riforma se ne dimentica e l’Antitrust colpisce

Sul Corriere della Sera di lunedì, a pagina 9, campeggiava una delle consuete "pubblicità riparatrici" che l'Antitrust impone alle aziende scorrette. Stavolta è toccato alla Mitsubishi, che però paga una stortura del sistema italiano di cui nessuno si è ricordato quando si è trattato di riformare il Codice.

In sostanza, la Mitsubishi è rea di aver presentato, sul web e sulle brochure, il suo pick-up L-200 come un veicolo adatto a trasportare chiunque, bambini compresi. Il che tecnicamente è sacrosanto, ma giuridicamente è un'eresia. Almeno in Italia, provincia di Bisanzio: secondo il nostro Codice della strada (articolo 54, comma 1, lettera d), gli autocarri sono veicoli idonei a portare cose e quelle persone addette all'uso o al trasporto di quelle stesse cose. In sostanza, è un mezzo da lavoro su cui può prendere posto solo chi lavora e in un Paese civile i bambini notoriamente non possono lavorare. Fin qui l'accusa.

Ma dal 1999 in questa stessa Italia è in vigore la direttiva europea 98/14, che tra le altre cose impone di immatricolare le pick-up esclusivamente come autocarro. In Europa questo non è un problema, perché la restrizione su chi vi può prendere posto c'è solo in Italia. E c'è perché a suo tempo la volle il Fisco, per evitare che la gente immatricolasse autovetture sotto le mentite spoglie di autocarri (spesso basta eliminare la cintura posteriore centrale e installare una grata di separazione tra abitacolo e bagagliaio), fruendo di vantaggi su deducibilità Irpef e detraibilità Iva (campi in cui l'Italia è più dura rispetto alla media europea). Fu comunque una barriera inutile, perché la gente ha continuato, anzi c'è stato un boom di falsi autocarri proprio dal 1999.

In ogni caso, i vincoli sono frutto di ingerenze fiscali su normative tecniche e questo crea sempre problemi. Ma la cosa peggiore è che da quattro anni non è più necessario: la legge Visco-Bersani di ottobre 2006 equiparò ai fini fiscali (bollo auto escluso, vado a memoria) i finti autocarri (individuati attreverso requisiti che beccano quasi tutti) alle autovetture, ragione per cui gli evasori smisero da allora di giocare con le immatricolazioni. Dunque, i vincoli imposti dall'articolo 54 del Codice non hanno più senso. Ma, nella sarabanda di emendamenti e controemendamenti che poi ha partorito la riforma del Codice, nessuno ha pensato a cambiare la norma.

La vera colpa della Mitsubishi, dunque, è stata quella di non "sensibilizzare" abbastanza qualche politico per far approvare un giusto emendamento oppure quella di non denunciare pubblicamente l'assurdo giuridico. Si è preferito nascondere il problema ai clienti, tanto poi alla fine i controlli sono pochi (e non si dovrebbero più fare, tanto sugli autocarri l'evasione non c'è più) e una mano lava l'altra. Salvo imprevisti, come quando qualcuno coinvolge l'Antitrust.

  • MAURIZIO GRAFFIETTI |

    Infondata l’accusa nei confronti della MITSUBISHI anche di fronte alle nostre leggi, L’autocarro è’ un veicolo per il trasporto di cose e di persone addette all’uso e al trasporto delle cose stesse (lo dice il CdS art. 54 lettera D). Non si parla quindi di merci (termine che fa riferimento a specifica attività commerciale) e tantomeno si fa riferimento al fatto che le “cose” debbano essere gestite (caricate e scaricate) da specifici incaricati o dipendenti del proprietario del veicolo. Il termine “cose”, inoltre, identifica qualsiasi oggetto, anche il paio di sci, anche la carrozzina del bambino (con il bimbo ovviamente… “addetto” all’uso della carrozzina stessa). Tenendo presente che il veicolo può anche viaggiare vuoto

  • Nicola Giardino |

    Il commento di Luigi, che riporta la comunicazione della Mitsubishi, mi porta a ritornare sull’argomento e a segnalare un ulteriore aspetto del Codice del Consumo: la garanzia di conformità. A causa delle foto sulla stampa pubblicitaria che reclamizza indiscutibilmente il trasporto bimbi, il compratore potrebbe richiedere al venditore almeno una congrua riduzione del prezzo in quanto il mezzo si è rivelato non del tutto idoneo all’uso reclamizzato (art. 129).

  • Luigi |

    Buongiorno a tutti, io sono un possessore di un L 200 DOUBLE CAR, dal 2007, sono un lavoratore dipendente, quindi senza partita Iva.
    Diciamo che ho comprato quella “macchina” perchè oltre a vivere in campagna, carico legna per il camino, l’erba che taglio del giardino ecc.., mi serviva un mezzo utile sia con la neve che con il fango, inoltre mi è sempre piaciuto.
    Detto questo, è vero che di bollo si pagano solamente 41,00 euro (circa), ma è anche vero che io di recuperi (iva, prezzo carburante,ecc) non ne posso fare, inoltre l’assicurazione non avendo il bonus-malus, è carissima, circa 2.500,00 euro l’anno.
    Mi chiedo a questo punto: ma noi lavoratori dipendenti lo dobbiamo sempre prendere in quel posto? Gli evasori e furbetti cercateli da qualche altra parte!!!

  • Luigi |

    buongiorno, mi permetto di riportare la risposta data da Mitsubishi Italia alla richiesta del gruppo di noi possessori (privati, quindi uso proprio) del pickup sopracitato, per avere il nullaosta-cambio di destinazione d’uso, da N1 a M1 cioè da autocarro ad autovettura.
    Buongiorno,
    l’L200 è l’unico veicolo della gamma Mitsubishi che nasce solo come autocarro (categoria N1): per questo motivo non è possibile in nessun caso omologare tale veicolo come autovettura, né in Italia né in altro paese Europeo.
    Riceviamo talvolta segnalazioni di L200 importate dall’estero come autovettura, ma tali omologazioni all’estero sono ottenute in modi che francamente ignoriamo.
    Non si tratta dunque di nostra negligenza o mancanza di volontà: l’L200 è unicamente un autocarro e anche volendo non possiamo rilasciare alcun nulla-osta per cambiare tale caratteristica della vettura.
    In merito alla discussione sul forum, per chiarezza, la sanzione inflitta alla Società scrivente è derivata da un semplice catalogo, stampato a livello europeo da Casa Madre – e quindi “universale” tranne la traduzione, a prescindere dai paesi di destinazione – che riportava tra gli accessori disponibili i seggiolini per il trasporto dei bambini (non possibile su autocarro); sul catalogo era comunque indicato che accessori e immagini potevano essere solo indicative e soprattutto vi era indicato di controllare le normative locali per assicurarne la loro conformità. Purtroppo il garante ha ritenuto di non considerare tale indicazione, benché chiaramente stampata in quarta di copertina.
    Resto a disposizione per ogni eventuale chiarimento.
    Cordiali saluti.
    M.M. Automobili Italia S.p.A.
    XXXXXXXXXXXX
    Servizio Ricambi e Assistenza
    E-Mail: XXXXXXXXXXXX@koelliker.it
    Abbiamo risposto che “…qualsiasi compratore, prima di acquistare un veicolo, raccoglie le informazioni da tali brochure e non certo dal libretto di circolazione, che per ovvie ragioni viene consegnato a veicolo acquistato e pagamento effettuato, non ultimo in ordine d’importanza, ma senza meno in buona fede, non ho mai sentito un solo venditore porre l’accento su questo piccolo dettaglio, ovvero che malgrado descrizioni e foto lasciassero pensare ad un’auto versatile, da impiegare tanto per un uso famigliare quanto per gli aspetti ludici dell’off road, in realtà ciò che ci si appresta a guidare un furgone da lavoro…”
    e loro ci rispondevano : “…prendo atto della sua nota qui sotto e nel confermarle di aver fatto tesoro della pronuncia del garante, mi permetto di farle anche notare che i nostri legali hanno già presentato ricorso all’autorità competente avverso tale pronuncia. Pertanto, considerato che fortunatamente anche in Italia in attesa/assenza di un giudizio definitivo vige la presunzione di innocenza (e non di colpevolezza), molte delle affermazioni riportate nella sua mail appaiono quantomeno premature…”
    IN CONCLUSIONE:
    alla Mitsubishi Italia conviene l’ equivoco, in questo modo ottiene interesse per il suo mezzo sia dall’utenza “professionale” cioè da chi ha partita d’iva e sia dall’ utenza “privata”.
    A perderci è, come al solito, oltre a noi cittadini-utenti-consumatori, lo Stato,
    poiche dall’ utenza privata non potrà riscutore la giusta tassa di circolazione, proprio da coloro che, come il sottoscritto, sarebbe ben lieto di pagarla per poter cambiare destinazione d’uso al proprio mezzo.
    per chi fosse interessato, la nostra discussione continua qui:
    http://forum.fuoristrada.it/messages/18481/535429.html

  • Nicola Giardino |

    Caro Maurizio,
    la tua analisi è come il solito puntuale (vorrei dire puntuta) e corretta. E’ vero colpa della Mitsubishi è di non aver brigato in sede politica e non aver denunciato l’assurdo giuridico. Senza nulla togliere alle tue considerazioni sulle stranezze del Codice della Strada, permettimi però di cogliere l’occasione per ricordare che la sanzione amministrativa dell’Antitrust di 110 mila euro e l’obbligo della pubblicazione di tre annunci sui quotidiani Repubblica e Corriere della Sera è basata sull’infrazione al Codice del Consumo. Stante l’attuale sia pur strampalata disposizione da te rilevata, vorrei rilevare che la pubblicità della Mitsubishi tecnicamente costituisce una pratica commerciale scorretta ai sensi del Codice del Consumo. Tale Codice, sconosciuto ai più (e anche alla Mitsubishi a quanto pare) sta colpendo spietatamente chi non rispetta le norme in difesa del consumatore sulle quali è competente l’Antitrust (oltre alla Magistratura ordinaria per l’aspetto penale quando ricorre). Le multe sono commisurate al fatturato dei trasgressori e sono salate. Chi ha voglia di farsene un’idea di persona può andare sul sito dell’Antitrust http://www.agcm.it kliccando poi in alto a destra sulla voce Bollettini, avrà accesso all’archivio completo delle decisioni anno per anno. Pertanto occhio al Codice del Consumo per chiunque svolge attività a contatto dei consumatori. A cominciare dalle concessionarie auto e dalle officine di riparazione (a parte le case come la Mitsubishi ha costatato).

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