L'osservazione viene dagli agenti che operano su strada, cercando di applicare una riforma scritta in molte parti con l'occhio ai palazzi del potere (pubblico e privato): com'è possibile che il nuovo articolo 186-bis del Codice della strada introduca l'alcol zero per neopatentati e autisti professionisti ma lasci loro la possibilità di continuare a guidare dopo che si è accertato che hanno bevuto?
Si potrebbe rispondere che la norma ha solo valore "pedagogico" (qualcuno leggerà "ideologico" o "di ricerca del consenso elettorale in genitori preoccupati per le scorribande notturne dei figli"). Può essere. Ma c'è un dettaglio: tra i motivi che hanno portato un puntello a una norma altrimenti a rischio di incostituzionalità (potrebbe ledere il principio di uguaglianza tra i cittadini) ci sono i dati della Società italiana di alcologia secondo cui i giovani fino a 21 anni smaltiscono l'alcol con più difficoltà. Quindi, a parità di quantità assunta, subiscono effetti maggiori rispetto a un adulto. Quindi, lasciarli guidare diventa pericoloso anche quando sono sotto la soglia dell'ebbrezza (0,5 grammi/litro) riconosciuta per gli altri guidatori.
E allora perché la riforma non ha previsto l'affidamento del veicolo a un'altra persona (che sia sobria) quando si accerta la violazione dell'alcol zero da parte di un giovane conducente?