Riccardo Sarfatti non è stato ucciso dalla cintura

Lo schema è quello classico dell'informazione: un'auto finisce in acqua, il guidatore annega e i giornali scrivono che non ha potuto salvarsi perché bloccato dalla cintura di sicurezza. Solo che stavolta il clamore è stato amplificato dal fatto che la vittima fosse Riccardo Sarfatti, noto architetto e politico lombardo, annegato la scorsa notte a Tremezzo (sul lago di Como). Come nota giustamente SicurAUTO.it (http://www.sicurauto.it/blog/news/incidente-riccardo-sarfatti-non-e-morto-per-colpa-della-cintura.html), ancora una volta si è persa un'occasione per fare informazione: Sarfatti è stato trovato dai carabinieri sul sedile posteriore, segno che era riuscito a liberarsi. Certo, in teoria senza cintura avrebbe potuto avvantaggiarsi di qualche istante nella corsa verso l'aria che avrebbe potuto, ma la scienza dimostra che spesso chi non è allacciato questa corsa non può nemmeno cominciarla: l'urto contro il volante o il parabrezza provocano un trauma cranico che fa svenire.

Ricordo di aver letto questo per la prima volta su "Quattroruote" tantissimi anni fa, forse nel 1986 (quando Enrico De Vita curò una serie di articoloni sulla sicurezza, cui quell'anno era stato dedicato credo dalle autorità europee). Da allora le auto sono molto migliorate. Le strade e la cultura media delle persone su questi argomenti non abbastanza. E allora teniamoci le ringhiere del lungolago che non reggono l'urto di un veicolo (perché magari la strada ha il limite di 50 e non è obbligatorio installare barriere efficaci) e i giornali che continuano con la bufala delle cinture che uccidono.

  • Tom10 |

    Si parla tanto del pericolo degli alzacristalli elettrici, i quali rimangono bloccati in assenza di corrente elettrica. In realtà, neppure i vetri a manovella sono del tutto sicuri. In caso di immersione, a causa della differenza di pressione interna ed esterna, l’apertura del finestrino richiede più forza. Già a un metro di profondità, su un finestrino di 50 x 40 cm, agisce una forza di 200 kg, a causa della differenza di pressione di 0,1 kg/cm2 (lo ha dimostrato la trasmissione americana Mith Buster, puntata “Car Under Water”). Quindi anche un finestrino a manovella potrebbe bloccarsi. In ogni caso, anche in altre situazioni di incidente, un finestrino manuale può rimanere bloccato a causa della deformazione della porta o a guasti del meccanismo interno. L’unica soluzione sicura per uscire dall’auto è avere un martello frangivetro, sia nel caso di vetri elettrici, sia nel caso di vetri a manovella. Il martello frangivetro dovrebbe diventare obbligatorio non solo nei bus, ma anche nella auto, esattamente come la cintura, l’airbag o il giubbetto rifrangente. In più, bisognerebbe proibire i vetri stratificati nei finestrini e nel lunotto (l’unica zona in cui ha senso montare questo tipo di vetro è il patrabrezza).

  • No name |

    Credo che questo incidente, all’onore delle cronache solo per la notorietà del personaggio, possa indurre a due riflessioni.
    La prima riguarda appunto i tempi di guida: controllati – giustamente – nel caso dei guidatori professionisti, ma traditori per i privati che troppo spesso sopravvalutano tragicamente le proprie capacità. Un percorso impegnativo come il lago di Como, pur già fatto più volte, è una tra le trappole più frequenti.
    L’altra riguarda il problema sommersione. È vero che le statistiche assicurative parlano di numeri super marginali, ma è pur vero che il complesso dei sistemi di ritenzione (nella vettura di Sarfatti dalle immagini si evince che si siano – peraltro opportunamente – aperti tutti gli airbag) rende difficile districarsi. Se si aggiungono lo stress da sinistro e la naturale inesperienza l’esito è troppo spesso senza speranza. Forse sarebbe ora che i costruttori cominciassero a prendere in considerazione un sistema di auto-espulsione del parabrezza in caso di sommersione del veicolo. Allo stato dell’arte della tecnologia dei sensori credo che non sia difficile accertare univocamente l’evento e attivare il distacco del vetro dalla carrozzeria con microcariche. E, tutto sommato, oltre a salvare direttamente vite dall’annegamento, credo che vigili del fuoco e soccorritori ne avrebbero un bell’aiuto in molte circostanze.
    [risponde Maurizio Caprino] E invece sembra si vada in direzione opposta: avete pensato a cosa può succedere sulla nuova Volvo S60 se si scelgono i cristalli laterali antisfondamento, offerti come optional? Ci si preclude la possibilità di frantumarli per uscire. E sarebbero gli unici vetri da cui è possibile uscire…

  • Dario |

    Per possibili problemi ho comprato un piccolo martello, che il carrozziere mi ha sistemato vicino al posto di guida, per poter rompere i vetri in caso di necessità, infatti non solo nel caso di auto in acqua potrebbe essere utile.
    Le barriere lasciamole con il minor impatto possibile, come in Svizzera e Francia.

  • diana |

    Per quanto riguarda l’uscita dal veicolo: nelle vetture di una volta era (quasi) più semplice uscire dal parabrezza piuttosto che da un finestrino, che voi sappiate è ancora così?
    [risponde Maurizio Caprino] In acqua la pressione esterna rende impossibile staccare il parabrezza. E spesso ormai l’operazione è impossibile anche fuori dall’acqua, visto che su molti modelli i parabrezza non sono calzati in semplici guarnizioni ma incollati alla carrozzeria per costituirne parte strutturale.
    L’unica via di uscita di fatto è il finestrino laterale e gli alzacristalli spesso continuano a funzionare per qualche minuto anche in acqua (tanto che sulle portiere non ci sono più i buchi per infilare in emergenza un utensile in modo che faccia da manovella abbassavetro, si vedevano per esempio sulle Bmw degli anni Ottanta).

  • Mario |

    Premesso che condivido del tutto le parole di luicar, e dato per certo che la cintura di sicurezza in senso assoluto protegge la vita e l’integrità in auto, tutta la polemica è circosritta a quei pochi casi in cui può rappresentare un pericolo. Lo sappiamo tutti che in determinate circostanze la cintura può essere di ostacolo per la salvezza degli occupanti dell’auto incidentata, ma solo in misura infinetisimale rapportata a quella in cui il suo apporto è determinante per la sopravvivenza. Se qualche solone ritiene il contrario si potrebbe revocare l’obbligo dell’allacciamento delle cinture e lasciare che le compagnie di assicurazioni penalizzino o rifiutino il rimborso in caso di danni ai trasportati non allacciati. Per rendere certo e documentabile l’allecciamento o meno della cintura basterebbe inserire nell’arrotolatore un dispositivo che riveli la data e l’ora dellultimo agganciamento. Non è solo l’acqua a rappresentare un’area di richio perchè anche l’incendio rappresnta un altro pericolo per le cinture allacciate. Allora? Guidiamo con più saggezza e chiediamo alle autorità competenti strade più sicure con barriere più adeguate.

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