Spiace parlare male di colleghi. Ma, come da prassi, solo in questi giorni di esodo i giornali si sono ricordati che esistono i problemi stradali e li affrontano con la solita approssimazione da tuttologi che poi alla lunga nuoce a tutta la categoria.
Cominciamo dalle conseguenze dell'articolo che ho scritto sulla prima pagina del Sole-24 Ore di ieri sulla "regola del chilometro", ossia la distanza minima tra segnale di limite di velocità e autovelox. Ovviamente l'hanno visto in molti e si sono buttati sul tema. Così il "Corriere della Sera" si è scatenato a Milano e hinterland, sollevando però casi inesistenti: ha confuso il segnale di limite di velocità con quello di preavviso del controllo (per quest'ultimo non ci vuole un chilometro, bastano 80, 150 o 250 metri secondo il tipo di strada) e non ha tenuto conto che la "regola del chilometro" non si applica in centro abitato. L'articolo contiene tanto di dichiarazioni di politici (compreso il noto vicesindaco di Milano nonché parlamentare, Riccardo De Corato), che – forse distratti dalle convulsioni anche ferragostane della politica – hanno abboccato.
Proseguiamo con www.repubblica.it, che ha riportato la notizia dei 62 punti tolti a un autista di furgone sull'A4 dicendo che sono il frutto delle nuove sanzioni entrate in vigore appena quattro ore e mezza prima del fatto. Peccato che, a leggere bene le infrazioni commesse dallo sciagurato, vigessero più o meno le stesse sanzioni anche fino al giorno prima. Se poi consideriamo l'elemento che ha più attirato l'attenzione dei cronisti, la maxi-decurtazione di punti, non è cambiato assolutamente nulla addirittura dal 2003, anno di introduzione della patente a punti.
Infine, molta evidenza ha avuto la segnalazione dell'Antitrust a Governo e Parlamento sulle restrizioni della concorrenza che la riforma del Codice porterebbe nel settore delle autoscuole. Troppo clamore per una delle tante segnalazioni che l'Antitrust sforna per tanti settori: se non fosse stato Ferragosto, forse la notizia non sarebbe stata data neppure fra le brevi. E poi nessuno nota che non si capisce bene su quali basi tecniche siano basate le obiezioni dell'Antitrust. Sarebbe stato interessante cercare di spiegarlo: in realtà, dal documento emerge solo la preoccupazione di far costare meno i corsi, senza garantire né la loro serietà né la loro completezza. Io ne ho denunciato più volte l'insufficienza anche oggi che c'è poca concorrenza: la gente va comunque a cercare il prezzo più basso, anche di 50 euro, premiando gli operatori meno seri e quindi costringendo a "sbracare" anche gli altri. Se l'Antitrust vuole aumentare la concorrenza, forse non sa bene di cosa sta parlando.