Le cronache parlamentari più recenti sul Ddl 1720 ci parlano del palleggio sull'obbligo di casco in bici: introdotto dal Senato e poi limitato ai soli bambini (sotto i 14 anni), è stato – per ora – abolito alla Camera. Quest'ultima sta pure inserendo una sorta di "ergastolo della guida" (revoca della patente con proibizione perpetua do conseguirne un'altra, mentre oggi si può riprovare a prenderla dopo un anno) per chi causa più di un incidente mortale in stato di ebbrezza. Ho scelto di parlarvi di queste due novità perché – assieme a tante altre – danno l'idea di una cosa importante: non si può risolvere tutto con le norme, perché – per quanto raffinate possano essere – si troverà sempre una situazione che sfugge e, anzi, la raffinatezza ne avrà complicato l'attuazione. l'unica strada per limitare (non eliminare) i danni è che ognuno di noi abbia intelligenza e responsabilità.
Vi spiego perché partendo dal casco in bici: dà fastidio e per questo la lobby dei ciclisti si è lamentata dell'obbligo (come se poi non sapesse che tra gli utenti più a rischio sulla strada ci sono proprio loro stessi). Così si è scelto di far restare l'obbligo solo per i bambini, fin quando qualcuno non ha fatto notare che su strada è impossibile capire chi ha meno di 14 anni e chi di più (non c'è obbligo di portare documenti d'identità). Quindi, ci si è rimangiati ogni obbligo. Ma resta il fatto che i ciclisti sono esageratamente a rischio. Che facciamo di fronte a questo? Semplice: ognuno di noi deve avere la coscienza di provvedere da sé. Non per evitare una multa (che di fatto non avrebbe preso mai nemmeno se l'obbligo ci fosse stato), ma per proteggersi. E invece mi capita sempre di far sgambettare in giro per parchi mia figlia di tre anni e mezzo e di riscuotere sorrisi di stupore e simpatia alla vista del suo caschetto giallo, che le impongo per farla abituare: in sostanza, ci guardano come marziani, mentre facciamo una cosa che dovrebbe essere normalissima.
Quanto all'"ergastolo alla guida" per i recidivi, è un'ottima cosa solo in teoria: la cronaca degli ultimi anni ci ha dimostrato che in alcuni degli incidenti di cui si è parlato molto il responsabile era già senza patente, perché gliel'avevano già sospesa o revocata senza che ne conseguisse un'altra. Pensiamo al caso di Stefano Lucidi, il tossicodipendente romano che ha falciato due fidanzatini in motorino passando col rosso a 90 all'ora in piena Roma: stava guidando nonostante tutto. Per gente del genere, l'unica soluzione è il carcere a vita.