Se la foto qui sopra non vi dice nulla, non vi preoccupate: ciò che si dovrebbe vedere (il segnale di preavviso di un autovelox sulla Tangenziale Est di Roma, vicino alla stazione Tiburtina) in effetti si vede ben poco. Colpa degli alberi e di una grafica non proprio in linea col Codice. Finora, poco male: in quel tratto di autovelox se ne sono sempre visti pochi, perché non c'è spazio per far appostare una pattuglia. Ma da qualche settimana hanno montato un impianto fisso (un T-Red Speed, evoluzione velocistica del contestato T-Red semaforico) e i cittadini del quartiere hanno attaccato sul segnale un foglio di carta (s'intravede nella foto) in cui è scritto che adesso il controllo velocità ci sarebbe davvero. In realtà, non è ancora vero: prima di partire con le multe, il Comune sta aspettando l'installazione di una segnaletica decente. Ma l'episodio è sintomatico e dovrebbe essere tenuto in considerazione dai parlamentari che stanno votando le modifiche al Codice della strada (Ddl 1720).
Infatti, segnali analoghi a quello della foto sono ormai migliaia in tutta Italia. Li mettono da 25 anni a questa parte, nella maggior parte dei casi senza che poi l'autovelox ci sia effettivamente. "Effetto deterrente", si disse all'epoca. Ma ben presto la gente capì e non di rado non rallenta nemmeno ora che – per legge – i controlli di velocità vanno presegnalati e il ministero delle Infrastrutture ha di fatto invitato a rimuovere i cartelli non seguiti da postazioni di rilevazione: si sa che in moltissimi casi i vecchi segnali sono rimasti al loro posto. Così ora non sono più credibili e quel foglietto (peraltro illeggibile) messo dagli abitanti del Tiburtino lo dimostra.
Con queste premesse, viene da sorridere quando – come la scorsa settimana – alla Camera si fa battaglia per approvare un emendamento al Ddl 1720 che impone una distanza minima di un chilometro tra un segnale e l'autovelox. Probabilmente questo emendamento diventerà legge. Ma poi chi bonificherà l'Italia dalla segnaletica non coerente?