C'è poco da fare: in Italia è difficile anche fare i condoni. Non perché la gente non ne possa più di sanatorie, che concettualmente finiscono per dare ragione ai più furbi. e nemmeno perché la politica abbia deciso di dare un segnale di rigore (solo di rado ho visto che motivazioni del genere hanno portato a rinunciare ai condoni). Il punto vero è che, nel caos generale, non si riescono a gestire nemmeno queste operazioni, che dovrebbero invece riportare un po' d'ordine. L'ultimo esempio viene da Roma: la sanatoria delle multe aveva come termine di scadenza il 15 maggio ma, come evidenzia Paoblog (http://paoblog.wordpress.com/2010/05/20/roma-e-le-multe-%e2%80%93-rinviato-il-termine-per-il%c2%a0mini-condono/), lo hanno rinviato al 30 giugno. Perché?
Pare ci siano stati problemi nell'invio delle lettere a chi ha multe in sospeso. Problemi del tutto prevedibili: l'esigenza del condono nasce soprattutto dal fatto che il Comune (anzi, quasi tutti i Comuni) hanno ormai perso il conto delle cifre da riscuotere. Infatti, non riesce a distinguere i molti che non pagano e basta da quei molti che presentano ricorso. In quest'ultimo caso, poi, non si sa come va a finire perché per anni non era stato formalizzato e precisato quel sistema di comunicazione giudici-vigili che solo ora sta faticosamente avviandosi. Non a caso, tra le innumerevoli modifiche al Codice della strada contenute nel'ormai famoso Ddl 1720 ora in lettura (finale?) alla Camera c'è anche l'obbligo di farsele, queste benedette comunicazioni.
La storia di Roma segue di pochi mesi il caos sorto tra chi aveva fruito del condono del bollo auto nel 2003: l'agenzia delle Entrate ha chiesto gli arretrati, non riconoscendo il diritto alla sanatoria per non pochi contribuenti. Questione di cavilli, stavolta. Che si aggiunge al guazzabuglio che tradizionalmente regna anche in questi archivi fiscali (fanno eccezione solo alcune Regioni).
Insomma, se proprio vogliamo chiudere la stagione infinita dei condoni, dobbiamo bonificare gli archivi. Solo allora potremo credere alla favola secondo cui "questa sanatoria sarà l'ultima".