Niente illusioni: qualsiasi cosa si faccia per la sicurezza stradale rischia sempre di avere efficacia limitata nel tempo o di creare nuovi problemi, anche se più accettabili rispetto a quelli che risolve. Così si può morire non solo quando il gestore della strada rimane inerte come spesso vi denuncio, ma anche quando si dà una mossa. Ma un conto è questo limite fisiologico delle azioni umane e ben altro conto è intervenire in modo sbagliato. Com'è avvenuto a Verona e Cremona. E qualcuno è stato pure condannato.
A Verona, si è pensato di mettere un rialzo rallentatore per proteggere alcune case che danno su una strada. Esigenza legittima, anzi sacrosanta. Ma quella non è una strada solo residenziale come richiede il Codice della strada per poter mettere i dossi. Una sera, un giovane motociclista l'ha presa forte come facevano in tanti, senza accorgersi che li avevano messi ed è morto. Possibile che non ci fosse un altro mezzo per far rallentare la gente? Il problema se lo sono posto anche i vigili di Verona, che hanno fatto rimuovere il dosso. Questo è già un risultato: come vi scrivevo l'altro giorno (http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2010/04/quelle-strade-che-restano-pericolose-perch%C3%A9-il-gestore-vuol-salvarsi-dalla-galera.html), non di rado dopo un incidente si preferisce lasciare il pericolo lì dov'è, per non dare l'impressione di ammettere una colpa della strada. Vedremo come la penseranno i giudici. Il processo è iniziato a febbraio e la seconda udienza è fissata per maggio. Vi terrò informati.
A Cremona, invece, c'era un guard-rail di troppo: "proteggeva" una innocua zona di terra che separa i flussi di traffico all'ingresso di una rotatoria sulla famigerata ex-statale Paullese. I due ingegneri della Provincia che hanno deciso di farlo installare non si erano curati di "affogare" nel terreno (o comunque di adottare per essa qualche accorgimento opportuno) l'estremità rivolta verso il traffico e così un malcapitato automobilista che ha perso il controllo della sua auto (per un malore o un colpo di sonno) ne è rimasto infilzato. Non si erano curati nemmeno di fare un progetto (anche solo di massima), cosa che è stata segnalata dall'avvocato di parte civile (il milanese Fabio Spada) e dal consulente tecnico Crispino. Ciò poi ha indotto il giudice monocratico Pierpaolo Beluzzi (nella sentenza 879/2009 del 16 novembre 2008 cui vi feci cenno all'epoca e della quale il 15 febbraio scorso sono state depositate le motivazioni) a condannarli a quattro mesi ciascuno, per omicidio colposo. Attenzione: il giudice non ha preteso un progetto con tutti i crismi, ma una semplice analisi costi-benefici fatta col buonsenso che ognuno di noi probabilmente avrebbe potuto avere. La sentenza usa termini un po' edulcorati rispetto a questi, ma il senso è inequivocabile.