Le fanfare della cronaca erano già pronte. Poi i fatti di cronaca hanno preso il sopravvento e così la già programmata visita a Bari del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha lasciato traccia mediatica soprattutto per le bordate lanciate – sia pur felpatamente – contro l’inchiesta di Trani sulle telefonate tra Berlusconi, Innocenzi e Minzolini (a proposito: è vero, come dice quest’ultimo, che qualsiasi direttore di giornale parla al telefono con tutti e in qualche modo è suo dovere farlo, ma poi bisogna vedere come si comporta concretamente, tanto più con le persone che direttamente o indirettamente lo hanno messo al prestigioso posto e occupano, e qua francamente penso che caschino tutti i direttori o quasi). Ma Alfano a Bari avrebbe dovuto soprattutto consegnare alla Procura ciò che gli uffici stampa avevano già battezzato “le auto della legalità”, vetture perlopiù di un certo pregio (e almeno tre proprio di lusso: Audi A6 allroad e Bmw X3 e X5) sequestrate a dicembre al clan Parisi nella clamorosa operazione Domino che ha svelato un altro pezzo di convinenza e forse di connivenza tra criminalità organizzata e professionisti locali dai bei nomi (http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2009/12/la-retata-antimafia-di-bari-una-storia-di-prestanome-per-auto-e-patenti-chissenefrega.html http://mauriziocaprino.blog.ilsole24ore.com/2009/12/il-boss-compra-laudi-con-i-soldi-dellassicurazione.html). In apparenza, un meccanismo virtuoso: i beni dei clan che vanno a chi li combatte, alleviando le difficoltà causate dai bilanci pubblici. Nessuno ha ricordato che fine hanno fatto altre auto di pregio affidate alle forze dell’ordine: proprio per le difficoltà di bilancio, molte tra quelle di pregio sono state tolte dal servizio.
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