I filtri antiparticolato fanno male? Lo decideranno i giudici di Milano

Nessuno ne scrive, ma la vicenda dei filtri antiparticolato retrofit in Lombardia si complica. Dopo il ricorso al Tar di cui vi ho scritto due settimane fa, si apre un fronte penale: la Dukic Day Dream ha presentato un esposto che si aggiunge all'indagini in corso sugli amministratori pubblici milanesi per non aver fatto abbastanza per combattere l'inquinamento. Queste indagini sono quelle che si fanno di solito in casi del genere e che di solito portano a nulla, perché sindaci e presidenti dicono di aver bloccato il traffico per un tot e che di più non si poteva fare. La Dukic, invece, sposta l'attenzione su un altro fronte: visto che in Lombardia buona parte della strategia antinquinamento si basa sui filtri antiparticolato da montare anche a posteriori su veicoli già circolanti, vuole che sia fatta luce sulla loro reale efficacia e accertare se gli amministratori ne conoscano i limiti.

Limiti che la Dukic sembra dare per scontati. D'altra parte, è in concorrenza con la Pirelli Eco Technology, l'azienda che – come ha ricordato pure "Il Sole-24 Ore" di ieri - detiene di fatto il monopolio dei filtri retrofit per mezzi pesanti (per le auto, invece, il mercato è ancora agli albori, perché i prodotti omologati sono pochissimi e sono destinati ad aumentare solo dopo che – lo scorso agosto – il ministero delle Infrastrutture ha abbassato i requisiti, peraltro scatenando forti critiche della stessa Dukic perché addirittura si consentirebbe di peggiorare le emissioni di qualche altro inquinante in cambio dell'abbattimento delle polveri).

Le tesi della Dukic – che coincidono con quelle di Trasportounito-Fiap che ha presentato il ricorso al Tar contro gli incentivi lombardi ai filtri e ha lo stesso avvocato della Dukic, il barese Davide d'Ippolito – sembrano basarsi sulle ultime direttive Ue (la 2008/50, in particolare), che impongono ulteriori strette sulle polveri sottili. In particolare, riconoscono come di "impatto molto negativo per la salute umana" quelle sottilissime, le PM2,5, che sarebbero prodotte dai filtri "frantumando" le PM10 rilasciate dagli scarichi senza filtro e sarebbero pure più pericolose, perché s'infiltrerebbero nei polmoni ancor più in profondità senza essere misurabili.

Scientificamente questo punto è controverso: il filtro non agisce frantumando ma trattenendo le polveri e poi bruciandole, il che produrrebbe particelle volatili che starebbero in aria poco tempo, rimanendo nelle immediate vicinanze delle marmitte, senza finire nei nostri polmoni. E comunque senza contenere composti carboniosi, che sono i più critici dal punto di vista sanitario. Tesi sposata anche dalla Regione Lombardia, che davanti al Tar ha portato una memoria curata dall'Arpa (l'agenzia regionale di protezione dell'ambiente), a sua volta basata su un convegno tenutosi a Zurigo a giugno 2008.

Insomma, che dai filtri escano particelle molto più sottili è un dato certo. Ciò su cui si discute è la loro composizione: sarebbero una versione soltanto "miniaturizzata" (e quindi ancora più pericolosa) delle PM10 oppure avrebbero una composizione più innocua perché non c'è il carbonio?

Molto probabilmente, il susseguirsi di tesi e direttive sull'argomento dimostra che la ricerca non è ancora approdata a un punto fermo. Perché gli interessi contrapposti sono notevoli e la materia è ancora in parte inesplorata. Lo stesso Tar di Milano, nell'udienza della settimana scorsa, ha deciso di non ritenere la questione infondata, lasciando così capire che intende affrontare questa faccenda – per quanto possibile in sede giudiziaria – più dal punto di vista scientifico che da quello dei cavilli di legge. E intende affrontarla in fretta: ha fissato la prossima udienza per il 27 aprile, una data insolitamente ravvicinata per le controversie amministrative e scelta cautamente nel periodo appena successivo alle elezioni, in modo che non vi si giochi la campagna elettorale. Vedremo.