Sono arrivati persino a fare una pubblicità sulla pubblicità. Nelle ultime settimane, i costruttori d'auto hanno affollato i media di messaggi che parlano di incentivi che proseguono immutati anche quest'anno, perché sono loro a metterci i soldi che lo Stato ha smesso di dare il 31 dicembre scorso. E uno di loro sta anche mandando in onda uno spot in cui accusagli altri di fare solo confusione: i veri ecoincentivi sarebbero solo i suoi. La realtà è che quasi certamente i soldi ce li metterà comunque lo Stato. Salvo mandare la Guardia di finanza nelle concessionarie, ma non mi pare aria (c'è in corso la trattativa Governo-Fiat e sul tavolo ci sono i prossimi incentivi e il disperato salvataggio della fabbrica di Termini Imerese).
Comunque vi spiego dove sta l'inghippo.
Gli incentivi statali si sono sempre applicati in base alla data di firma del contratto di acquisto. Che è una data tutt'altro che certa: quell'atto è una semplice scrittura privata, che peraltro non serve nemmeno nelle successive pratiche di immatricolazione. Quindi, se venditore e acquirente sono d'accordo (e di norma non hanno alcun motivo per non esserlo), possono sempre correggere la data secondo la convenienza: se vogliono rientrare negli incentivi 2009 possono far figurare il 31 dicembre scorso (infatti alcuni costruttori hanno lasciato tempo ai concessionari fino a venerdì prossimo per completare le carte amministrative del 2009 da spedire in sede), a patto che sia certo che poi l'auto arrivi presto (l'unica regola stringente degli incentivi è che l'immatricolazione avvenga entro il prossimo 31 marzo). Quando partiranno i bonus statali 2010, ci sarà la convenienza a spostare in avanti i contratti firmati nei giorni in cui non è in vigore alcuna agevolazione pubblica (esattamente come è stato possibile a febbraio 2009 per gli incentivi precedenti, cosa che scrissi senza essere smentito).
Per evitare tutto questo, occorrerebbe che la Guardia di finanza acquisisca gli elenchi dei clienti la sera del 31 dicembre e la sera dell'ultimo giorno prima che entrino in vigore gli incentivi 2010. Oppure dovrebbe verificare nei sistemi informatici della case tutti gli ordini già inoltrati, per vedere se sono riconducibili a clienti che dai contratti risultano invece aver concluso l'acquisto in epoca diversa. Comunque la si metta, è un lavoraccio e nessuno ha interesse a farlo: l'interesse è di erogare i contributi senza farsi troppe domande, perché c'è da salvare l'industria dell'auto.
Ma a lungo termine qualche domanda bisognerà pur farsela: sono passati 13 anni dai primi incentivi alla rottamazione e stiamo per varare il quinto intervento pubblico di sostegno (senza considerare le proroghe delle edizioni precedenti, altrimenti arriveremmo a otto). Il tutto per immettere sulle strade mezzi che poi sono sempre meno i benvenuti, visto il traffico e le relative restrizioni. E questi mezzi vanno immessi su strada semplicemente perché il mercato da solo ha fallito: lasciando per decenni le case automobilistiche libere di pianificare, ognuna ha seguito le leggi dell'economia aziendale, che spingono a costruire fabbriche sempre più efficienti (meno operai per fare più auto), impiantate spesso grazie a contributi pubblici per attirare l'industria proprio lì e sfruttando gli ammortizzatori sociali per i lavoratori degli impianti obsoleti. Quindi, se già 15 anni fa l'Europa produceva due milioni di esemplari in più rispetto alla domanda reale, la situazione non può essere migliorata oggi, anzi. Semplicemente, il sistema non è ancora scoppiato perché ci sono gli incentivi e, quando non ci sono o non bastano, i costruttori spingono sulle offerte speciali, ingolfando di auto i concessionari (sistema "push"), che alla fine si arrabattano per venderli costi quel che costi, peggiorando la loro situazione finanziaria.
Va da sé che non si può andare avanti così. Innanzitutto perché finanziariamente i concessionari rischiano di saltare in blocco e non più uno a uno come accade da anni. E poi perché va riorganizzata la riconversione degli impianti, ordinatamente e in un periodo lungo. Quindi, occorre una strategia di lungo periodo. Ma, sia in Italia sia all'estero, non se ne parla ancora. Il tema è troppo scomodo.