Il report “segreto” sulle strade più pericolose dice che l’autovelox non basta

Vi ricordate le famose 12 strade più pericolose d'Italia, su cui l'allora ministro Bianchi impostò buona parte del suo iniziale battage sulla sicurezza stradale? Erano i primi giorni di vita di questo blog e da allora se n'è saputo poco. Ora ho letto sul numero 6/09 della rivista tecnica "Strade e autostrade" un interessante articolo di uno specialista (Pietro Marturano, ingegnere coordinatore alla direzione generale Sicurezza stradale del ministero Infrastrutture) che ci spiega che ne è stato. In pratica, all'epoca fu appaltato a una società esterna qualificata uno studio sul perché proprio quelle strade sono così pericolose.

I primi risultati dell'analisi (resa difficile dai soliti buchi delle statistiche ufficiali) sono prevedibili, ma solo in parte. Se avrei scommesso una fortuna sul fatto che avrebbero trovato guard-rail disastrosi e segnaletica non conforme al Codice della strada, frutto di vari rabberciamenti successivi nonché "condita" da pubblicità abusiva", meno scontato è che gli esperti indichino tra i fattori di rischio la presenza di curve di piccolo raggio dopo lunghi rettilinei. Altro problema individuato è il fatto che si passa dalla campagna ai centri abitati quasi all'improvviso. Le questioni sulle curve e sui centri abitati hanno un punto di contatto: il fatto che il tracciato vari in modo repentino, non intuibile dal guidatore, che quindi non adegua il suo comportamento. I burocrati diranno che sono stati messi fior di segnali di pericolo e di limite di velocità, accompagnati sempre più spesso da postazioni autovelox fisse. Ma pare di capire che per gli esperti ingaggiati dal ministero ciò non basti: ormai la segnaletica è talmente poco credibile che chi guida segue soprattutto la sua percezione della strada e la sua conoscenza degli autovelox in zona. Così non si rendono conto che,per esempio, dietro un dosso o una curva che sembra veloce c'è un'insidia come l'immissione di un sentiero percorso da trattori, una scuola o una curva che diventa via via più stretta di quanto apparisse da lontano. Non possono rendersene conto: sono insidie oggettivamente invisibili o difficilmente prevedibili se non si ha la giusta preparazione alla guida (e chi ce l'ha?).

Insomma, è un problema che mi ricorda quello del viadotto dell'Hilton dell'aeroporto di Fiumicino: la strada ti invita a correre ma poi all'improvviso finisce. Il Comune di Fiumicino – dal quale attendo invano spiegazioni da due mesi – ha evidentemente pensato di risolverlo con una bella postazione fissa di controllo velocità (sulla cui regolarità controversa ho scritto qualche settimane fa). Può essere che alla lunga ci si riesca. Ma a prezzo di tanti multe e ancora qualche incidente.

In tutti i casi del genere, l'analisi commissionata dal ministero fa capire che sarebbe meglio usare qualche accorgimento per modificare la percezione del tracciato. Per esempio, penso piccole curve "artificiali" e restringimenti della carreggiata fatti in modo opportuno (cioè colpendo molto l'occhio, ormai abituato alle classiche zebrature che tutti violano), in modo da far rallentare in modo naturale. Li vedremo mai adottati in modo massiccio?

  • ombrachecammina |

    La “soluzione dei mali” per i vecchi era sempre di andare piano, perche’ permetteva di riconoscere il pericolo a distanza.
    Ma a quei tempi il “ritmo accettato” era decisamente lento e i fruitori della strada relativamente pochi.
    Oggi le strade dovrebbero avere uno standard di base molto piu’ elevato di quello su cui marciavano i miei avi con le realtive strutture si supporto per la circolazione.
    Ora, il problema e’ la “manutenzione attiva” delle strade, ove si calibra quello che deve esserci in base alle condizioni attuali e non in base a quelle che dovrebbero essere. E’ facile gestire le cose pensando a chi ci abita o chi fa’ spesso certe strade, ma sulle vie di grande flusso bisognerebbe sempre pensare allo straniero che ci passa e che non conosce nulla del posto. I segnali esistono per regolamentare la comunita’ intera non la localita’, che, talvolta, ne ha fatto anche a meno per decenni.

  • Paolo |

    Buongiorno.
    Che l’autovelox non basti a prevenire gli incidenti è chiaro come il sole, e i motivi sono essenzialmente due. In primis molti incidenti accadono in conseguenza di manovre che sono pericolose indipendentemente dalla velocità dei veicoli (ad esempio il mancato rispetto della precedenza); in secondo luogo la collocazione degli autovelox molto spesso è tale da invalidare l’associazione “autovelox uguale pericolo”.
    Un esempio di entrambe le situazioni si ha sulla SS 223 fra Siena e Grosseto, in corrispondenza del bivio per S. Lorenzo a Merse (non ricordo il km, comunque è qui: http://maps.google.it/maps?ie=UTF8&ll=43.151348,11.288795&spn=0.039637,0.074158&z=14). Chi viaggia in direzione Grosseto incontra, nell’ordine, un cartello di limite di velocità a 70 km/h, una curva a destra, un breve rettilineo con a sinistra un distributore di benzina e a destra il citato bivio, una curva a sinistra con ingresso ad un centro commerciale in corrispondenza della curva e poi, quando ormai è ben visibile il cartello indicante la fine del limite di velocità, l’autovelox fisso. A che serve in quella posizione, quando la zona pericolosa è ormai passata? Servirebbe a qualcosa se rilevasse la velocità sulla corsia opposta, quella in direzione Siena, perché i veicoli che la percorrono si trovano il bivio per S. Lorenzo a Merse sulla sinistra immediatamente dopo una curva cieca a destra. Ma allora perché non piazzarlo sull’altro lato della strada?
    E comunque c’è di peggio, perché, almeno a mio parere, il vero pericolo in quel tratto di strada non è la velocità, ma il fatto che molti conducenti che procedono in direzione Grosseto sfruttano il breve rettilineo per sorpassare, nonostante sia vietato, e lo fanno proprio in corrispondenza del piazzale del distributore. Se in quel momento un veicolo esce dal piazzale e si immette sulla strada in direzione Siena lo scontro frontale è assicurato, e questo anche se il veicolo che effettua il sorpasso procede a 70 km/h o meno. Ci vorrebbe la barriera centrale sul rettilineo, ma se proprio non si vuole fare sarebbe molto meglio installare un sorpassometro presegnalato piuttosto che l’autovelox in posizione assurda. Fra l’altro, il fatto che l’autovelox sia posto poco prima del cartello di fine del limite di velocità fa pensare male.
    Per fortuna, dopo oltre 30 anni di polemiche e rinvii, da qualche anno sono cominciati i lavori per la costruzione di una superstrada con caratteristiche autostradali e limite di 110 km/h, già aperta nel tratto Grosseto – Paganico. La possibilità di incidenti come quello descritto poco sopra, e altri ugualmente letali come quelli che accadono in corrispondenza degli incroci a raso, sarà eliminata alla radice senza bisogno di autovelox, sorpassometri e centinaia di cartelli stradali che confondono i guidatori.
    Un saluto.
    [risponde Maurizio Caprino] Speriamo però che sia una superstrada ben progettata, altrimenti gli incidenti diminuiranno pure ma avverranno a velocità maggiori e quindi anche la mortalità rischia di aumentare.
    Quanto al piazzamento delle postazioni autovelox fisse, effettivamente c’è da sospettare: essendo fisse, di solito si riesce a metterle anche nei punti dove le pattuglie non riescono a mettersi e quindi cade l’alibi secondo cui si trovano nei punti in cui è tecnicamente possibile installarli. Certo, vincoli tecnici ce ne sono lo stesso, ma rispetto agli appostamenti mobili sono ben meno.

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