Alla fine del post precedente, ho scritto che sullo scandalo dei prestanome e sulla proposta di legge sulla targa personale qualcosa non torna. Tanto non mi tornava che ho continuato a pensarci ed ecco che cosa ho trovato: un'intervista rilasciata un anno e mezzo fa al mio collega Carmine Fotina, in cui Enrico Gelpi lanciava proprio la targa personale come una delle proposte qualificanti del suo mandato alla presidenza dell'Aci (Scarica ACI PREPARA LA TARGA PERSONALE). Quello stesso Gelpi che, come scrivevo nel post precedente, giovedì scorso al Senato ha dichiarato che non la vuole. Attenzione: non ha detto che non la vuole "più", ammettendo di aver cambiato idea (cosa perfettamente legittima) e spiegando perché (cosa che sarebbe stata a questo punto doverosa). Ha semplicemente detto che non la vuole e il resoconto del suo intervento reperibile sul sito dell'Aci non riporta questo passaggio. Che dire? Qualcosa non torna, appunto.
Personalmente, non sono mai stato un gran sostenitore della targa personale, che mi fu caldeggiata da un'organizzazione di categoria nel lontano '95. Ma da allora ho continuato a pensarci e grandi controindicazioni non ne ho poi trovate. Aggiungete che stime di fonte autorevole dicono che grazie alla targa personale gli italiani risparmierebbero circa 120 milioni l'anno: considerando i soli autoveicoli, ogni anno con le rottamazioni si distruggono più o meno 1,5 milioni di targhe in buona parte ancora utilizzabili (ma che per legge devono seguire la sorte dei veicoli cui sono abbinate) e se ne stampano un paio di milioni da mettere sui nuovi esemplari da immatricolare. Insomma, un giro di circa 3,5 milioni di targhe, che per legge paghiamo 39 euro l'una e da cui occorrerebbe sottrarre solo quelle poche destinate a veicoli di persone che non sono mai state proprietarie di un mezzo. Non sono cifre da poco. Tanto più in tempi di crisi e di proclami secondo cui "non metteremo le mani nelle tasche dei cittadini".