Da 24 ore il circo mediatico ha piazzato le tende sulla questione degli incentivi ai vigili di Genova "perché facciano più multe". Come capita spesso, i miei colleghi (lodevole eccezione che mi è capitato di ascoltare, Radio24) hanno fatto capire poco e quel poco era sbagliato: questa storia non ha nulla a che vedere con le solite vicende dei Comuni che fanno cassa con le multe. Basta andare a vedere quali sono le infrazioni che l'assessore al Traffico ha fissato tra quelle da colpire prioritariamente: cinture, casco e telefonino. Cioè tutte cose rognose, che normalmente richiedono l'alt immediato al trasgressore (sia perché lo dicono gli articoli 200 e 201 del Codice della strada sia per evitare ricorsi in cui si dica che il vigile ha visto male) e portano poco denaro (dai 74 ai 148 euro, contro un bell'eccesso di velocità accertabile comodamente senza alt che può portare fino a 500 euro).
Ci sarebbe stato molto meno clamore se i miei colleghi non solo si fossero letti il Codice, ma pure se avessero saputo che l'assessore con lo stesso provvedimento ha fissato per ogni reparto di vigili un numero minimo di servizi dedicato a ciascuna infrazione. Una prassi assolutamente normale, direi anzi doverosa perché assegnare priorità significa perseguire una strategia (giusta o sbagliata che sia) e non andare a caso. Fermo restando che sta poi all'operatore su strada avere l'intelligenza di derogare se vede altre infrazioni che è bene perseguire.
Piuttosto, gli incentivi genovesi aprono un problema che pochi si sono posti: l'ansia di raggiungere gli obiettivi sarà tale da spingere i vigili a rinunciare all'alt immediato, in modo da non perdere tempo a litigare con un trasgressore e poter così multare anche gli altri che passano dopo di lui commettendo la stessa infrazione? Sono abusi che si fanno: basta mettere sul verbale una spiegazione generica dei motivi che hanno impedito l'alt e sperare che il cittadino non faccia ricorso o che trovi un giudice di pace non cavilloso…