Se avete sentito i tg o guardato qualche sito d'informazione che va per la maggiore, vi siete fatti anche voi l'idea che da oggi comprare un'auto in un qualsiasi angolo d'Europa è diventato facilissimo perché d'ora in poi devono consegnarvi un mirabolante documento chiamato "certificato di conformità". Qualche mio collega si è spinto addirittura a scrivere che il certificato consente di circolare ovunque. Le cose stanno in modo molto diverso e, onestamente, l'unica notizia mi pare il fatto che noi giornalisti abbiamo preso una bufala (che, essendo l'ennesima, a rigore non è nemmeno più una notizia).
Infatti, tutte le auto che guidiamo sono state immatricolate presentando proprio un certificato di conformità, per cui non è cambiato un bel niente: semplicemente, nel quadro di una nuova direttiva europea sulle omologazioni, è stata un po' variata la sua veste e tanto è bastato affinché l'ufficio stampa della Ue cogliesse la palla al balzo per ricordare che a Bruxelles ci si occupa anche di libero mercato delle auto, condendo il tutto col fatto che tra Paese e Paese i prezzi di listino sono ancora distanti nonostante l'euro (e non è del tutto vero se consideriamo i prezzi esentasse, che sono gli unici che contano perché per le auto chi compra all'estero poi le tasse le paga a casa propria).
Tra l'altro, non mi risulta che i concessionari che – su indicazione velata delle case – vogliono ostacolare l'acquisto da parte di clienti stranieri neghino l'emissione del certificato: ci sono altri escamotage possibili (come, per esempio, l'azzeramento dello sconto allo straniero o il prospettargli tempi di consegna abnormi). Infine, nella prassi commerciale (almeno quella italiana), accade che il certificato di conformità sia depositato dal costruttore in banca, a garanzia del suo credito verso il concessionario, che lo onora col prezzo pagato dal cliente: se nessuno paga il veicolo, la banca non lo libera e l'immatricolazione diventa impossibile. E su questo la nuova direttiva non fa cambiare nulla.
Insomma, ancora una volta la stampa ha fatto la figura del juke-box: è bastato che un ufficio stampa mettesse un gettone qualsiasi perché ci si mettesse a suonare.