Ieri un nullatenente romano che risultava proprietario di duecento auto. Meno di una settimana fa, una donna milanese che ne "possedeva" più di duemila. Prima succedeva solo ai prestanome di boss, ora – come in questi casi – si fa anche per coprire extracomunitari clandestini (e mi auguro che siano solo brave persone costrette alla clandestinità dal solo fatto di non avere un lavoro regolare). Sta di fatto che queste cose succedono nonostante in Italia ci sia un ente appositamente competente sui passaggi di proprietà, l'Aci, tramite il Pra. Non si hanno notizie che di lì siano mai partite segnalazioni su anomalie di questo genere. Così come nessun organo di controllo ha denunciato le carenze degli edifici dell'Aquila prima che cadessero o ha fatto togliere dal commercio i sei camion pericolosi acquistati o comunque visti in vendita dal povero Carlo Massone, l'autotrasportatore piemontese rovinato proprio da questi bidoni, come vi ho raccontato lo scorso agosto nel post sulle revisioni dei Tir che fanno acqua.
Potrei continuare citando i controlli sui tassisti, che non impediscono di vedere in circolazione gente che non solo non ha la minima idea di come arrivare a destinazione, ma anche di come si tenga un volante in mano. E gli esami di teoria per la patente agli extracomunitari, possibili nella loro lingua madre senza tenere conto che i pannelli integrativi dei segnali spesso sono scritti in italiano (non di rado pessimo e ingannevole) anche nei casi in cui si potrebbero usare simboli comprensibili a tutti.
Mi fermo qui per cogliere l'aspetto comune a queste vicende: gli organi di controllo ci sono e ne abbiamo sin troppi (magari con poco personale, ma ce ne sono). Ma controlli veri non ne abbiamo: ognuno si limita a una visione burocratica del proprio ruolo, spesso trincerandosi dietro la carenza di uomini e mezzi. Il punto è che non fanno nemmeno ciò che ragionevolmente sarebbe possibile.
Per esempio, perché il Pra non attiva un allarme automatico che segnali quando a un cittadino sono intestati più di – mettiamo – 50 veicoli? Nessun bisogno di cambiare le norme: sarebbe solo una segnalazione agli organi di polizia, affinché avviino indagini se ritengono.
E perché la Motorizzazione continua a rispondere alle interrogazioni parlamentari sul caso-Massone di non avere competenze sulle irregolarità macroscopiche riscontrate sul camion di questo sventurato lavoratore? Certo, molti problemi riguardano le attrezzature speciali (come i cestelli elevatori su cui, per esempio, lavora chi deve aggiustare linee elettriche) che sono di competenza Ispesl (sì, l'istituto di prevenzione infortuni sul lavoro, quelli di cui tutti ormai parlano tutti i giorni). Ma com'è possibile che i tecnici della Motorizzazione di varie città non abbiano visto che molti, troppi documenti erano falsi? Perché uno di loro ha addirittura certificato che un camion era stato regolarmente allestito con cestello e quant'altro, mentre invece il mezzo era in condizioni poco più che di base, con telaio, cabina di guida e poco altro? Per muoversi, la Motorizzazione attende sempre l'esito dei procedimenti penali contro i propri dipendenti, il cui esito è incerto. Peraltro, l'incertezza dipende anche dal fatto che talvolta il diavolo ci mette la coda: Massone era incappato in documenti sbagliati anche da un ufficio da sempre scrupoloso come quello di Modena (dove infatti non a caso le aziende presentano poche richieste di collaudo, certamente meno che in altre province della zona), ma alla fine nel processo si è scoperto inequivocabilmente che c'era stato solo un errore di data commesso dai dipendenti.
Ma questo vale – se pure – solo per i provvedimenti disciplinari contro i singoli. Nulla impedirebbe alla Motorizzazione di avviare una seria revisione delle proprie procedure interne, per vedere se tutti questi episodi non siano per caso facilitati anche dal modo in cui è organizzata la struttura. Perché non si fa?
Qualcuno mi obietta che Massone si rivolgeva a un mercato di bassa qualità, dove prendere un bidone è cosa comune. Ma è proprio per questo che esistono i controlli pubblici: a garantire che non si vada sotto la soglia di sicurezza. Se tutti i mezzi fossero nuovi, perfetti e costosi, ci risparmieremmo volentieri un apparato di controllo che non avrebbe ragion d'essere. Ma evidentemente ci deve essere. E non solo per dare lavoro a migliaia di persone, ma anche per garantire sicurezza a Massone, a quelli come lui, a chi lavora sui cestelli (sono tre anni che il Presidente della Repubblica fa rampogne sugli infortuni sul lavoro). E a tutti noi, che potremmo trovarci un tir addosso.