L'ho già spiegato ieri sul Sole-24 Ore e a Radio24: la sentenza della Cassazione che ha dichiarato illegittimi i controlli automatici ai semafori imponendo la presenza degli agenti è una bufala. Nel senso che si riferisce a un'infrazione del 2003, commessa prima che tali controlli fossero legalizzati dalla riforma del Codice della strada. Che – beninteso – non ha solo consentito alle forze dell'ordine ciò che prima non ammetteva, ma ha contemporaneamente imposto di riomologare gli apparecchi di controllo, in modo che diano garanzie di poter ricostruire le scene anche da filmati e fotografie, per scagionare chi occupa l'incrocio per ragioni di forza maggiore che altrimenti solo agenti sul posto potrebbero valutare. Insomma, una stretta garantista.
Il lato più amaro della vicenda è ancora una volta la pessima figura che abbiamo fatto noi che dovremmo informarvi, la seconda in pochi giorni sulle materie di cui capisco qualcosa (l'altra è la bufala sugli incentivi gas "leghisti" di cui vi ho scritto l'altro giorno). Si sa che quasi sempre, quando la Cassazione arriva a emettere una sentenza, i fatti si riferiscono ad anni prima. Si sa pure che il Codice della strada ormai cambia almeno una volta all'anno. Eppure le agenzie di stampa (e di conseguenza giornali, tv, radio e siti internet che ormai le riprendono pedissequamente) si bevono ogni sentenza tranquillamente, senza pensarci. Perché? Semplice: chi ne scrive si occupa di tutto e ha il solo mandato di riempire le pagine, meglio se impegnandosi a renderle di veste grafica gradevole. Nel nostro mestiere, anche prima che scoppiasse la crisi, troppo spesso viene considerato bravo solo chi è pronto a cimentarsi su tutto velocemente e senza battere ciglio. Chi fa notare che ci vuole un minimo di specializzazione passa per trombone, brontolone e fuori dal mondo. In realtà, il giornalista-tuttofare fa comodo perché fa diminuire i costi ed è più malleabile (nel senso che a volte fa favori a qualcuno cui "vanno fatti" e nemmeno se ne accorge, tanto non sa bene ciò che sta scrivendo). Con la crisi, poi, per la figura del giornalista-tuttofare è un trionfo. Pochi mostrano di rendersi conto che, di bufala in bufala, perderemo del tutto la credibilità, quindi ci abbandoneranno ancora più lettori rispetto ad oggi. E, a quel punto, che cosa dovranno raccontare i manager delle nostre aziende agli inserzionisti pubblicitari per convincerli a non abbandonarci anche loro? (per chi non lo sapesse ancora, oggi le aziende editoriali campano molto più di pubblicità che di incassi di vendita dei loro prodotti)