Ricordate Radio Rai Parlamento? Sui display delle autoradio appare come "Rai Grpr" e immagino che nessuno l’abbia memorizzata tra le emittenti preferite. Anni fa, ai tempi della querelle sulla convenzione di Radio Radicale per trasmettere i lavori parlamentari, se ne parlò molto, perché fu messa in piedi per continuare a garantire il servizio anche se l’emittente radicale lo avesse interrotto. Poi – com’era naturale – è caduta nell’oblio: ascoltare intere sedute di Camera e Senato e convegni sugli argomenti più vari non è il massimo, soprattutto se si sta guidando. Ma un paio di settimane fa ce n’era giusto uno sulla sicurezza stradale e quindi ero in ascolto anch’io. Giusto il tempo di sentire da un relatore l’ammissione che in Italia c’è sin troppa segnaletica e, come in un film, mi è apparso un esempio tanto clamoroso quanto fastidioso.
Ero sulla superstrada Bari-Lecce, dichiarata extraurbana principale un anno e mezzo fa. Per brevi tratti, però, non ne ha le caratteristiche e così in alcuni casi hanno messo il cartello col limite di 90 all’ora, in altri hanno anche messo quelli che indicano "fine extraurbana principale" (perché evidentemente non c’è viabilità alternativa su cui indirizzare ciclomotori, trattori e altri veicoli lenti e quindi è necessario ammetterli anche sulla superstrada). In una parte del tratto che circonvalla Brindisi succede proprio questo e, viaggiando in direzione nord, si vede una cosa bizzarra: vicino al segnale di "fine extraurbana principale" ce n’è anche uno di "fine 90 all’ora".
Se tutti guardassero attentamente e rispettassero i segnali, sarebbe il panico, perché a quel punto non si saprebbe qual è la velocità consentita. Infatti, il "fine extraurbana principale" implica automaticamente che si debba scendere da 110 a 90, ma si dice pure "fine 90". Manca persino una delle giustificazioni classiche in questi casi, cioè che si tratti di due cartelli risalenti a epoche diverse e mai coordinati tra loro (cosa che già di per sé imperdonabile). Insomma, è il tipico caso di soldi pubblici (i cartelli costano) spesi non per dare un’informazione, ma per contribuire al caos.
Senza contare che in quello stesso tratto, nella carreggiata opposta, c’è un alternarsi di segnali di limiti di velocità ingiustificato e contraddittorio (prima un "90", poi un "80 continua") tra due svincoli, per cui a un certo punto anche chi continua a prestare attenzione alla segnaletica deve arrendersi.
Tutte cose che sarebbero più comprensibili su una stradina gestita da un Comune sperduto, con un ufficio tecnico composto da due persone che devono arrabattarsi tra norme stradali, edilizie, annonarie e quant’altro. E infatti in quel famoso convegno che stavo ascoltando si menzionavano proprio queste realtà come le più a rischio di avere una segnaletica sbagliata. Invece l’itinerario Bari-Lecce è gestito dall’Anas, dove si concentra il fior fiore delle competenze italiane in materia stradale (tra l’altro, spetta all’Anas la vigilanza sui gestori di autostrade). Ma evidentemente nell’Anas c’è anche altro.