La tragedia del camper, la fatalità e il senso delle regole

Sui giornali, quando siamo a corto di sinonimi, per indicare i camper scriviamo "case viaggianti". Ma va ricordato che, quando sono in movimento, i camper sono veicoli come tutti gli altri e quindi bisogna allacciare le cinture. La tragedia del bimbo morto ieri in autostrada tra Marche e Abruzzo per l’apertura improvvisa di un portellone, quindi, è tragica fatalità fino a un certo punto.

D’accordo, è ben raro che un portellone si apra così. Ma le norme di sicurezza stanno lì apposta, anche per i casi rari (per quelli rarissimi, anche loro possono fare ben poco). E quello dei camper è il classico esempio di norma che va rispettata per coscienza e non per costrizione: nessun agente entrerà mai nella vostra "casa viaggiante" a controllare se per caso mentre voi guidate c’è gente che dorme nei lettini anziché stare seduta con le cinture allacciate.

  • renato |

    Concordo pienamente, con un ma. Chi ha progettato quel veicolo conosce fin nei dettagli vizi e virtù dei camperisti, tanto da avere sviluppato una soluzione così strana, ovvero un portellone amplissimo che contiene una finestra e consente di trasformare una camera da letto in garage per bici e moto.
    Allora io dico: il progettista si metta una mano sulla coscienza e si chieda quale diabolica idiozia l’ha portato a far coincidere un’apertura così enorme con un intero letto? E come non ha potuto pensare, dopo aver incernierato in alto il portellone, che – anche da fermo – un malfunzionamento delle chiusure avrebbe catapultato sul terreno i malcapitati occupanti del letto? Da ultimo: ma chi ha mai omologato un portellone di quelle dimensioni con due sole serrature ai lati?
    Forse è giunto il momento di riflettere se la smania, molto artigianale, del “su misura” non stia portando fuori strada il mondo dei veicoli ricreazionali. Un paradosso, vista l’attenzione sempre maggiore alla sicurezza richiesta a chi fabbrica auto: da un lato crash test a decine, dall’altro creatività fin in eccesso e molta distrazione in fatto di standard di sicurezza.
    [risponde Maurizio Caprino] Ottima osservazione. Personalmente, me la prenderei più con chi ha concesso l’omologazione, anche se mi rendo conto che potrebbe risponderci notando che non ci sono norme specifiche per casi così specifici. Penso tuttavia che chi controlla abbia un ruolo tanto importante da doverlo esercitare sotto forma di “moral suasion” quando non ha le norme dalla sua: è un modo per guadagnarsi il rispetto dei controllati, dimostrando loro di non essere un ottuso passacarte. In ogni caso, visto che controllori e controllati possono lasciarsi scappare anche qualcosa di grave e che per fortuna le norme di sicurezza sono spesso ridondanti, tutto questo è una ragione in più per rispettare quelle che ci riguardano direttamente. La tragedia del camper lo dimostra nitidamente.

  • Paolo |

    Buongiorno.
    Purtroppo ancora oggi c’è chi non capisce l’importanza dell’allacciare le cinture di sicurezza durante la marcia degli autoveicoli, e gli effetti si vedono. Ieri i giornali dell’Emilia davano particolare risalto alla notizia dell’incidente avvenuto nella notte fra sabato e domenica sulla Ferrara-mare, dove una mercedes ha violentemente tamponato una Y10 e poi è caduta dal viadotto sul quale le auto si trovavano in quel momento (guard rail inadeguato o fatiscente?). I tre occupanti della mercedes sono morti, ed è morto anche uno dei tre occupanti della Y10; degli altri due il guidatore è illeso e il terzo occupante ha riportato ferite non gravi. Ho letto sui giornali che il passeggero deceduto della Y10 è stato sbalzato fuori dall’auto: avrà avuto la cintura correttamente allacciata? Sospetto che non la avesse, anche se non ho modo di dimostrarlo.
    Anche i motociclisti sono messi male da questo punto di vista, per non parlare dei conducenti di scooter. Pochi giorni fa ho visto un raduno di Ducati vicino a casa, e mi sono divertito ad osservare l’abbigliamento dei motociclisti. Tutti avevano il casco, ovviamente, ma le protezioni si fermavano qui. Qualche giubbotto di pelle, molti in tessuto tipo cordura, il paraschiena era sconosciuto e praticamente tutti avevano i jeans. Stivali ne ho visti pochi, ma ho visto scarpe da ginnastica, con i lacci lunghissimi che si impigliano nelle leve del cambio e del freno posteriore, e addirittura uno aveva i mocassini di cuoio. Di questo mi ricordo bene, perché ho fatto notare a mia moglie che il somaro che li indossava avrebbe perso le scarpe nella più stupida delle scivolate, con conseguenti gravi lesioni ai piedi.
    Se neppure i motociclisti si preoccupano della sicurezza siamo messi proprio male.
    Un saluto.
    [risponde Maurizio Caprino] Sì, anche le categorie di solito più elitarie e per questo più attente (se non altro dal punto di vista dell’equipaggiamento) stanno allentando l’attenzione. Non sarà per colpa del marketing dei produttori, che mira ad attirare sempre più gente? Un meccanismo legittimo, ma l’etica vorrebbe che ci si curasse di più della preparazione di chi si riesce a coinvolgere…

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