La bufala dell’antiautovelox

"Questo fantastico apparecchio rileva la presenza di autovelox laser/radar ben 300/500 metri prima… Progettato specificamente per le frequenze italiane ed europee, completamente differenti da quelle usate dagli apparecchi su territorio Usa". Da qualche tempo potete leggere questa pubblicità su un settimanale automobilistico. Rassicurante, vero? Va dritta a togliere i dubbi che tutti hanno da decenni sui dispositivi antiautovelox. Peccato che trascuri i due aspetti più importanti della questione: molto probabilmente l’aggeggio pubblicizzato non funziona e certamente è vietatissimo (e se vi beccano son dolori).

Come hanno scritto in molti (me compreso), è vero che da anni gli antiautovelox sono in grado di captare non solo i radar (che in Italia praticamente non esistono), ma anche i laser e quindi è stato superato il problema dei primi apparecchi-bufala importati nel nostro Paese. Senonché il laser funziona in modo tale che, quando l’apparecchio lo capta, lui ha già rilevato la velocità, per cui gli l’unica utilità per gli acquirenti sta nel sapere di essere stati beccati. Data la sinteticità dell’annuncio pubblicitario di cui stiamo parlando, non ho la certezza che sia così anche in questo caso. Ma, se qualcuno nel mondo avesse davvero inventato un aggeggio tanto rivoluzionario da gabbare anche il laser, si sarebbe già saputo. Non credete?

Qualcuno dirà che certe cose vanno tenute riservate, perché in molti Paesi (Italia compresa) questi aggeggi sono vietati. Ma altrove no, per cui la cosa sarebbe diventata ben presto nota. Non solo lì: siamo nell’era di internet…

  • Gianni |

    Il discorso è logico e credo anch’io che tali dispositivi non funzionino o, comunque, no producano i risultati promessi.
    Tuttavia c’è un aspoetto che non riesco a comprendere : se non funzionano perchè sono assolutamente vietati ? Non credo per tutela del consumatore perchè in Italia ci sono innumerevoli esempi contrari.
    [risponde Maurizio Caprino] Un po’ per motivi mediatici, un po’ per stangare i produttori (si fa un po’ di cassa e si finisce anche un po’ per tutelare il consumatore) e poi perché, in teoria, un giorno o l’altro qualcuno potrebbe anche inventare un dispositivo che funziona.

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