La velocità fa notizia. Ma il resto è tabù

C’è poco da fare: se sbatti la velocità in prima pagina sul giornale, le reazioni del pubblico sono assicurate. E’ successo anche lunedì scorso, quando sul Sole-24 Ore mi hanno fatto scrivere un articolo in prima pagina e altri due all’interno. Parliamoci chiaro: ormai si è innescato un circolo difficilmente spezzabile, perché multe e controlli più o meno ci sono, la gente si lamenta, i giornali ne parlano e questo induce le forze dell’ordine a spingere ulteriormente. Invece mi piacerebbe che si parlasse più seriamente delle cause degli incidenti. Ne ho dibattuto con un lettore che mi ha scritto per criticarmi perché avevo scritto che talvolta diminuire la velocità non abbassa di molto gli incidenti. Vi riporto il nostro scambio di mail perché mi pare interessante.

(Carlo Moiraghi) Il motivo per cui scrivo e’ per lamentarmi di quanto riportato in un articolo "Troppe multe. La Polizia spegne il tutor": la frase "Forse perché gli incidenti evitati dal controllo della velocità sono stati in parte controbilanciati dai colpi di sonno che il dover rispettare i limiti di velocità ha provocato." e’ uno schiaffo in faccia a chi si batte perche’ vengano rispettate le regole, e ancora di piu’ a chi ha perso la vita per causa dell’alta velocita’. E’ la prima volta che leggo su un quotidiano nazionale che la bassa velocita’ provoca

incidenti: non mi sembra quello di cui c’e’ bisogno, quand’anche fosse vero. Ma non lo e’, perche’ ‘sta storia dei colpi di sonno e’ semplicemente una scusa che chi va sempre a manetta usa per giustificare la propria stupidita’. Se uno si addormenta al volante, a meno di patologie particolari, non e’ perche’ va piano, ma e’ perche’ non ha dormito abbastanza, oppure perche’ ha assunto qualche sostanza nociva. La soluzione e’: andare piano e dormire di notte.

(Maurizio Caprino) La ringrazio per l’attenzione riservata al mio articolo e rispondo alle sue critiche. Lei dice che per la prima volta legge che la bassa velocità causa incidenti e avrebbe ragione se tale affermazione fosse generica e decontestualizzata. La mia analisi era invece riferita a un preciso tratto autostradale, che conosco e tengo costantemente sotto controllo. E i dati su cui si basa la mia analisi sono altrettanto precisi e ormai sufficientemente consolidati (il sistema è stato attivato in loco due anni fa) nell’indicare una differenza tra le curve aberuzzesi e i rettilinei foggiani. Una differenza a mio avviso spiegabile col fatto che molti sinistri che avvengono lì coinvolgono singoli veicoli in pieno rettilineo, per cui è ben arduo dimostrare che siano causati dalla velocità. Si può solo dire che la velocità ne aggravi le conseguenze, tanto che il tratto foggiano dell’A14 aveva un tasso di mortalità elevato e per questo è stato il primo a essere messo sotto il controllo esteso del Tutor. Ma il concetto di mortalità è diverso da quello di incidentalità: per capirci, nel Foggiano ci sono meno sinistri ma con più morti rispetto alla media.
Dire che bisogna semplicemente guidare riposati per evitare i colpi di sonno è giusto ma troppo semplice: esiste uno studio della Polizia stradale (Icaro 7) che ha dimostrato come l’ignoranza dei guidatori in materia sia davvero diffusa, in quanto la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di allarmarsi solo quando i propri occhi iniziano a chiudersi, cioè quando ormai è troppo tardi. Voglio dire che spesso una persona si ritiene (a torto) riposata fino a pochi attimi prima del colpo di sonno. Inoltre, nel caso specifico, si sconta un calo di attenzione: si passa da curve e traffico alla calma piatta, il che incide molto su chi ha già qualche ora di guida alle spalle (come i tre poveri militari che stavano rientrando da una missione allì’estero e sono morti per colpo di sonno la scorsa primavera).
In generale, per concludere, voglio ricordare che le cause di ciascun incidente, aldilà delle statistiche, sono molteplici. Come negli incidenti aerei. Solo che nel caso di quelli stradali non ci sono commissioni d’inchiesta: ci sono solo poveri agenti che – di fronte a ciò che non riescono a spiegare coi mezzi e il tempo che hanno – presumono sia stata colpa della sola velocità (tra gli addetti ai lavori è noto il detto "un 141 non si nega a nessuno", riferendosi all’articolo del Codice della strada che si contesta a chi perde il controllo del veicolo presumibilmente per velocità non adeguata, che peraltro è un concetto diverso dall’eccesso di velocità).

(Carlo Moiraghi) Non metto in dubbio la bonta’ e la correttezza delle analisi tecniche che lei ha condotto.
Semplicemente mi sembra pericoloso fare affermazioni, sicuramente corrette, ma che rischiano di trasformarsi in un alibi per chi gia’ e’ abituato a costruirsene quando si tratta di violare le regole e mettere in pericolo gli altri. Tanto piu’ che nel campo della sicurezza stradale si fa veramente pochissimo, causando elevatissimi costi sociali.

(Maurizio Caprino) Io ritengo che il tipo di comunicazione che si è scelto (non solo in Italia) per decenni ha dato alla velocità un risalto anche eccessivo, per cui molti credono che basti rispettare i limiti per essere automaticamente al sicuro. Se questo fosse vero, negli Usa non ci sarebbero più incidenti. Il punto è che, essendo molteplici le cause, sono molteplici le regole e le buone prassi da rispettare e questo avvicina la guida a una vera professione: basti pensare al calcolo istante per istante della giusta distanza di sicurezza, che peraltro è strettamente correlata alla velocità ma non è altrettanto al centro della comunicazione. Invece non di rado la patente viene rilasciata e conseguita come se fosse una carta d’identità, cioè un atto dovuto. Diffondere questa consapevolezza è più difficile che parlare solo di velocità, come d’altra parte punire le infrazioni accertabili a occhio è oggettivamente più difficile che colpire i soli eccessi di velocità (per i quali basta un apparecchio automatico che funziona a raffica).
(Carlo Moiraghi) Concordo con quello che dice; le sfaccettature sono moltissime, ed e’ proprio vero che l’approccio alla guida deve essere di tipo professionale. Pero’ e’ vero anche che, a parita’ di altre condizioni, la velocita’ e’ spesso decisiva, e contribuisce in modo determinante all’esito degli incidenti, nel senso che un impatto ad alta velocita’ fa molto piu’ male di un impatto a bassa velocita’.
  • Francesco |

    Concordo con l’autore di questo blog – bisogna si tenere conto della velocità ma anche del tipo di infrastruttura. Non è un caso che le strade più “veloci”, le autostrade, siano anche statisticamente le più sicure, mente le starde urbane ed extraurbane siano spesso dei mattatoi. La convivenza di diversi tipi di utilizzatori infatti (pedoni, ciclisti, etc) rende molto complesso il pianificare la sicurezza in queste porzioni di infrastruttura.
    Il mio punto ad ogni modo, vuole sottolineare che ogni incidente stradale non è un evento a se stante, un attimo nel tempo con un colpevole conclamato. È piuttosto una combinazione di fattori che insieme contribuiscono insieme. Secondo i calcoli dell’organismo per il quale lavoro, la Federazione Internazionale della Strada (IRF), lo stato dell’infrastruttura stradale contribuisce almeno per il 30%, con il restante 60% diviso tra veicolo e conducente.
    Ancora una volta la cartina tornasole è rappresentata dalle autostrade, che sono disegnate appoasitamente per avere veicoli in movimento a grande velocità e per questo risultano essere le porzioni di infrastruttura stradale maggiormente sicure.
    [risponde Maurizio Caprino] Infatti: il tema della complessità delle cose (e anche delle cause) è uno di quelli mi piace battere sin da quando ho aperto questo blog.

  • Paolo |

    Buongiorno.
    L’analisi della velocità precedente di chi è coinvolto in un incidente non dimostra assolutamente nulla nel singolo caso, ma su un gran numero di incidenti potrebbe dare indicazioni interessanti ai fini della prevenzione. La domanda che mi pongo è la seguente: la percentuale dei trasgressori, limitatamente ai veicoli coinvolti in un incidente, è maggiore della percentuale di trasgressori rispetto a tutti i veicoli che transitano? E se si, di quanto?
    Se la teoria che considera la velocità come unica causa di incidenti è vera, non solo la percentuale dei trasgressori fra i veicoli coinvolti in un incidente deve essere nettamente maggiore dell’altra, ma deve essere anche vicina al 100%. Se fosse, ad esempio, del 40% si dovrebbe concludere che il 60% degli incidenti ha coinvolto veicoli che rispettavano i limiti, e per questi la causa deve essere diversa dall’eccesso di velocità.
    Naturalmente questi ragionamenti sarebbero rigorosi solo se si potesse misurare la velocità al momento dell’incidente anziché la media in un tratto precedente; purtuttavia ritengo che, su un gran numero di incidenti, qualche indicazione utile si possa ottenere ugualmente.
    Un saluto.
    [risponde Maurizio Caprino] Tutto giusto, sui grandi numeri. Ma difficilmente la Stradale ha il tempo e la predisposizione per fare statistiche approfondite: per varie ragioni (compresi gli organici scarsi), tende a concentrarsi sugli adempimenti del momento. Che, nel caso di un incidente, sono i fascicoli penali: rilievi, referti medici e quant’altro. Per questo nella mia risposta citavo il penale. Comunque, cercherò di farmi fare qualche elaborazione, anche se c’è l’ulteriore difficoltà legata alla privacy (sempre invocata per non fare le cose).

  • Paolo |

    Buongiorno.
    Il legame fra velocità e incidenti è il mio tema preferito, e approfitto di questo post per fare qualche osservazione. Come giustamente fa notare il Dott. Caprino, è molto importante distinguere le cause di un incidente dalla sua gravità. La velocità è in diretta relazione con la gravità di un incidente in conseguenza di elementari leggi fisiche, ma questo non vuol dire che ne sia anche la causa diretta. Sulle cause degli incidenti non si indaga abbastanza, ma ci sono sufficienti indizi per affermare che raramente la velocità dei veicoli è la causa prima degli incidenti stradali: se lo fosse, nelle zone urbane non ci sarebbero incidenti e le autostrade sarebbero campi di battaglia. Le statistiche dicono invece che la situazione è opposta, ossia ci sono più incidenti dove la velocità media dei veicoli è più bassa.
    A questo punto si possono seguire due strade. Si può cercare di ridurre il numero di incidenti, intervenendo sulle cause, oppure si può cercare di limitarne la gravità riducendo la velocità dei veicoli. Purtroppo la seconda strada è impraticabile, perché per raggiungere lo scopo sarebbe necessario viaggiare a non più di 20 km/h (e con le cinture allacciate). I dati sul numero di morti e feriti su strade urbane dimostrano che bastano velocità molto basse per rendere gravi le conseguenze di un incidente (altro modo di vedere la cosa: a quale velocità avrebbero dovuto viaggiare i veicoli coinvolti nell’incidente di Cessalto per evitare morti e feriti?).
    Resta quindi una sola possibilità, cercare di evitare gli incidenti. Condizione necessaria per raggiungere lo scopo è una seria analisi sulle cause, proprio quello che non si vuole fare. Un po’ per ingenuità, in quanto quasi tutti tendono a pensare, erroneamente, che se la velocità aggrava gli incidenti allora ne è anche la causa, ma io credo che ci siano sotto anche ragionamenti di altro tipo. In poche parole, la velocità si può misurare con strumenti automatici e permette di attribuire tutte le responsabilità ai conducenti, di conseguenza fa comodo considerarla la causa di ogni male.
    Un’ultima considerazione sul tutor. Se non ho capito male ci sono tratti autostradali molto lunghi (anche di centinaia di km) sui quali il tutor misura la velocità media dei veicoli più volte, ossia ad ogni passaggio in corrispondenza di un portale. Pertanto è tecnicamente possibile sapere se i veicoli coinvolti in un incidente verso la fine del tratto controllato viaggiassero a velocità eccessiva nei tratti precedenti. Sono disponibili questi dati? Sarebbero certamente di aiuto per fare luce sul legame fra velocità e incidenti e per valutare l’efficacia del tutor. Forse io sono distratto, ma non mi pare di aver letto niente in proposito, e questo mi fa pensare che i dati in questione non si accordino con la teoria secondo la quale la velocità è la causa principale degli incidenti. Ciò implicherebbe, fra l’altro, che la diminuzione di incidentalità nei tratti controllati dal tutor non sarebbe dovuta alla minore velocità dei veicoli, ma ad altre cause, come la maggiore attenzione alla guida causata dalla consapevolezza di essere controllati. Ma forse mi sbaglio.
    Un saluto.
    [risponde Maurizio Caprino] Un momento: non si può semplicemente dire che in città le velocità sono basse ma ci sono molti incidenti e che in autostrada sono alte con pochi sinistri. Infatti, se parliamo di cause degli incidenti, la velocità va valutata non in assoluto, ma in rapporto al tipo di strada (80 all’ora su una strada urbana ordinaria sono poco in assoluto, ma uno sproposito in termini relativi, come andare su una buona autostrada a oltre 200). Se invece parliamo di effetti degli incidenti, la velocità “assoluta” ridiventa importante, ma in città si muore comunque molto perché ci sono ciclisti e pedoni.
    Quanto alla verifica tramite Tutor della velocità precedente di chi fa un incidente, è tecnicamente possbile e nulla vieta di farla. Ma ai fini penali dimostra poco: conta certamente stabilire di più stabilire la velocità al momento del sinistro. Appena ne avrò occasione, chiederò se la Stradale sta analizzando questi dati almeno a fini statistici e magari mi faccio dire qualcosa, così ve ne riferisco…

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