Ecco gli incidenti motociclistici di questa settimana. Tre mi hanno colpito: un veterinario 36enne morto sull’autostrada della Versilia perché colpito da una bici staccatasi da un portapacchi, un esperto guidatore veneto (con tanto di corso di guida sicura all’attivo) che in un attimo di debolezza fa inversione su uno svincolo (confidando di non trovare nessuno, data l’ora) e un centauro che ha centrato un’auto scendendo verso Imola da una delle strade dove il sabato e la domenica pomeriggio è consuete andarsi a fare una tirata in moto.
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Il primo episodio ci dice che ci sono pericoli che non possono essere previsti. E, se anche cercassimo sempre di prevederli, impazziremmo: dovremmo tenere un livello di concentrazione superiore alle capacità umane. Così è bene non correre e mantenere sempre una buona distanza di sicurezza. Certo, è anche vero che andare ingiustificatamente piano può contribuire a rallentare i riflessi. E allora è bene che ognuno di noi tari la propria velocità per raggiungere un buon compromesso, tenendo poi conto che calcolare la distanza di sicurezza e avere il cervello dedicato a prevenire almeno i pericoli più prevedibili aiuta a mantenere una concentrazione ragionevole a prescindere dalla velocità.
Il caso del motociclista veneto è sin troppo chiaro: mai giocare al calcolo delle probabilità, meglio perdere anche un quarto d’ora per rimediare a un errore di orientamento facendo un giro lungo ma consentito piuttosto che fare un’inversione vietata per risparmiare tempo.
Sul terzo caso, non è chiaro come siano andate le cose, ma è un fatto che in quelle giornate su quelle strade i motociclisti si scatenano e negli anni non ne è morto uno solo. Non voglio trarre giudizi sul caso specifico. Voglio ricordare che combattere le tirate è dififcile anche per le carateristiche di quelle strade, che di fatto non consentono né appostamenti (salvo nei centri abitati, dove però è difficile che i centauri facciano infrazioni clamorose) né inseguimenti.