La scena era assolutamente consueta e "familiare". Un padre alla guida della sua Punto a velocità non troppo superiore al consentito, dopo aver bevuto non troppo e senza aver imposto al figlio di allacciare la cintura (almeno stando a quanto si legge nelle cronache locali). Insomma, cose che fanno tutti: le tipiche infrazioni della buona gente, quella che "tanto per strada si muore solo nelle stragi del sabato sera, che sono roba per ragazzi sballati". Eppure quel figlio oggi non c’è più e il padre è indagato per omicidio colposo.
L’auto era una normalissima utilitaria, di quelle che anche il decreto Bianchi consente di guidare ai neopatentati. Il tasso alcolemico del padre era 0,79: fino a sei anni fa sarebbe stato perfettamente lecito (fino all’estate 2002, il limite era 0,8 e non 0,5 come oggi). La strada era probabilmente conosciuta al padre, così come i suoi pericoli: era vicina a casa e in Puglia quasi tutti sanno che le strade che attraversano le campagne sono veloci ma hanno curve che possono tradire e muretti che nascondono ostacoli e trattori e non sono troppo "teneri" se vi si urta contro. Le cinture, infine, in molte zone di provincia del Sud sono ancora vissute come facoltative (tanto più sulle strade di casa), nonostante siano obbligatorie da vent’anni.
Nella sociologia di queste zone, che un po’ conosco, si tende a classificare incidenti del genere come sfortunate fatalità. Ma non lo sono.