I tg nazionali hanno detto solo che ieri per la strage di Galatone è stato il giorno dei primi funerali. E invece è stato anche il giorno della replica seccata della Provincia di Lecce a chi aveva accusato la strada per la morte dei sette ragazzi che sabato notte occupavano la Mini e la Marea scontratesi frontalmente sulla Galatone-Santa Maria al Bagno. L’oratoria del presidente della Provincia era eccellente. D’altra parte, non siamo di fronte a un personaggio qualsiasi, ma a una figura come quella di Giovanni Pellegrino, noto avvocato e ancor più noto ex-parlamentare (nella sua carica di presidente della Commissione stragi è stato spesso in primo piano anche a livello nazionale). Ma qualcosa continua a non convincermi.
Pellegrino ha fatto presente che le due auto coinvolte andavano l’una a 160 e l’altra a 90, mentre lì c’è in bella evidenza il limite di 50. Ha aggiunto che in generale la segnaletica c’era, sia in verticale sia in orizzontale, che l’asfalto era buono e che si è fatto anche di più, mettendo in molti punti specchi per facilitare la visibilità di chi esce dalle ville e dalle strade private laterali. Insomma, colpa della velocità, come sembrerebbe confermare anche la testimonianza dell’unico sopravvissuto in grado di parlare, che stando alle cronache avrebbe detto di aver visto l’altra auto andare troppo forte.
Ma vorrei osservare che:
– non è ancora certo a quanto andassero davvero le due auto (le velocità citate sembrerebbero quelle su cui si sono bloccate le lancette dei rispettivi tachimetri, ma in caso d’urto violento le lancette possono subire sbalzi);
– l’urto è avvenuto non lontano da un passaggio a livello, dove nemmeno il più sconsiderato dei conducenti terrebbe i 160 (salvo che ci siano di mezzo droga e/o alcol, ma questo non è ancora noto perché dovrebbero esserci accertamenti in corso);
– la velocità da sola può spiegare un incidente in curva, ma quella è una strada dritta, per cui è possibile anche che la velocità abbia solo contribuito ad accentuare un’eventuale perdita di controllo dovuta ad altro (distrazione, sorpasso azzardato, malore, colpo di sonno, ostacolo improvviso eccetera) e la violenza dell’impatto;
– probabilmente nemmeno Pellegrino rispetterebbe istintivamente i 50 (e nemmeno i 55, se vogliamo considerare la tolleranza imposta per legge agli autovelox) su un rettilineo così, tanto più di notte, quando non c’è nessuno e ci si rende meno conto dei vari fattori di rischio (certo, la segnaletica dovrebbe descriverceli, ma in tutta Italia – anche se non è colpa di Pellegrino – è ritenuta poco credibile e perciò ignorata anche quando corretta, senza contare che molti hanno preso la patente senza che nessuno spiegasse bene i rischi reali associati a ciascun segnale);
– Pellegrino dovrebbe spiegare se tutti gli accessi laterali (la cui abbondanza è probabilmente all’origine del limite di 50) sono tutti regolarmente censiti e autorizzati dalla Provincia (come ho spiegato più volte, non è raro che gli enti proprietari delle strade lascino perdere la lotta all’abusivismo, trovando più comodo e attuabile mettere un bel limite di velocità impossibile da rispettare, in modo almeno da poter scaricare tutte le responsabilità su chi guida);
– il fatto che sul luogo dell’incidente le condizioni della strada fossero buone non deve far dimenticare che su scala nazionale solo il 20% delle risorse spese dalle Province (dati dell’Upi, l’Unione delle Province italiane) per la viabilità è destinato alla manutenzione ordinaria, rendendo possibile spesso interventi limitati alle emergenze più gravi (criterio del "worst first"), senza alcuna strategia organica.
Intendiamoci: non voglio assolutamente dire che la colpa della morte dei sette giovani sia della Provincia di Lecce. Anzi, è probabile che ci sia stato un errore umano, le cui conseguenze potrebbero essere state aggravate dal fatto che non tutte le vittime allacciavano le cinture (si sa che quasi nessuno usa quelle posteriori). Ma, sapendo come di solito vanno le cose in Italia, non si possono escludere responsabilità anche indirette della Provincia e dà fastidio il fatto che chi la rappresenta si limiti a scaricare le colpe esclusivamente sui conducenti, senza dimostrare che il suo ente non ha nemmeno quelle responsabilità indirette. E’ un modo di argomentare troppo vicino alla solita, deprecabile filosofia degli enti proprietari in base alla quale ogni problema si risolve solo piazzando un segnale.