L’altra sera su Radio24 un ascoltatore ha raccontato il calvario giudiziario e psicologico che gli è toccato dopo aver investito un’anziana donna, poi morta a causa di errori dei medici. Non era il "solito" investitore che leggiamo sulle cronache degli ultimi tempi. Quindi, niente alcol né droga né velocità: era solo un uomo che, ripartendo al semaforo verde nel traffico, non si è accorto di una signora che si aggirava imprudentemente tra i veicoli sulla carreggiata. Una cosa che può capitare a chiunque. Ciò che più mi ha colpito è la frase con cui quest’uomo ha spiegato il suo incidente e tutti gli altri che accadono in città: "Capita sempre perché circolare è un gioco pericoloso e c’è qualcuno che non sta alle regole, creando una situazione imprevista per gli altri". Giusto. Ma incompleto: quali sono le regole?
Infatti, il guaio è che – checché ne dicano Lunardi e i sostenitori della patente a punti – ormai sulle nostre strade non vige più il Codice, ma una prassi formatasi pian piano a suon di fretta, intolleranza, ignoranza del pericolo, bullismo e carenza di controlli. Una prassi secondo cui quando scatta il giallo non ci si ferma, quando scatta il verde il primo della fila che gira a sinistra taglia la strada a chi ha la precedenza venendo in senso contrario come se ci fosse sempre una fila lunghissima (e invece gli basterebbe attendere civilmente che passi un solo veicolo), il rosso s’ignora se si sa che gli unici ad avere via libera in quel momento sono i pedoni, le strisce pedonali non si guardano più, si può cambiare corsia in qualsiasi modo pur di guadagnare anche mezzo metro sugli altri eccetera.
La differenza sostanziale tra questa prassi e il Codice della strada è che la prassi ha abolito qualsiasi margine di sicurezza che potrebbe servire in caso d’imprevisto. I tecnici lo sanno benissimo, i normali utenti della strada possono accorgersene quando diventano pedoni e scoprono che la loro presenza semplicemente è ignorata da chi guida. I conducenti più scrupolosi ci pensano ancora, ma cadono anche loro in errore se il pedone non è un agile giovane capace di attraversare la strada rapidamente, ma un papà come me, che sembra in forma e invece è cardiopatico e fatica a spingere il pesante passeggino della sua bambina quando ci sono di mezzo i marciapiedi italiani, fatti per olimpionici.
Noi stiamo qui seduti a pensarci. Per strada non è così: basta un attimo e qualcuno si ritrova all’ospedale e qualcun altro sotto processo. Quindi, cerchiamo di pensarci anche quando ci sediamo alla guida. Anche se abbiamo fretta e sappiamo che il traffico ci farà essere in ritardo: risparmiare un paio di minuti (quasi sempre, questo è il beneficio in ballo) non vale tutto il resto.