E’ da una settimana che abbondano le notizie sui pedoni investiti e uccisi, anche sulle strisce. Ma solo ieri i miei colleghi hanno cominciato a rendersi conto che non è più il caso di randellare acriticamente gli investitori senza avere le prove che effettivamente stessero guidando in modo sconsiderato: il caso dell’abruzzese che ha investito una bimba figlia di amici di famiglia mentre pare stesse andando piano ha indotto i giornalisti alla prudenza. Non so quanto durerà, ma una cosa è certa: incidenti del genere possono capitare ogni giorno a tutti noi italiani medi. E su questo dobbiamo riflettere. Perché invece il modo di dare le notizie che ha prevalso sinora è stato tale da indurci a credere che certe cose possano succedere solo quando alla guida ci sono alcolizzati che vanno a cento all’ora in piena città.
Spesso le cose non stanno così. I pedoni, non avendo alcune protezione, muoiono (e tanto, si veda il post del 26 marzo con le cifre secondo cui siamo messi male in Europa) anche per le piccole infrazioni che tutti commettono, per il modo di progettare frontali e cofani e per le carenze delle strade.
L’incidente che spiega bene tutto è quello avvenuto nel penultimo weekend a Salorno (Bolzano): conducente con tasso alcolemico irregolare ma non esagerato, strisce pedonali dietro una curva, verosimilmente in una zona periferica del paese, e auto progettata 15 anni fa con evidenti segni di impatto della testa della vittima contro il parabrezza. Almeno, questo si capiva dalle immagini televisive.
Il guidatore, se l’incidente fosse accaduto sei anni fa, sarebbe stato ritenuto giuridicamente sobrio: dall’88 fino ad allora, il limite da non superare era proprio lo 0,8 che gli è stato trovato dopo l’incidente. Un tasso che può avere qualsiasi persona rispettabile e non socialmente pericolosa quando torna a casa dopo una tranquilla cena, magari di lavoro.
Dunque, può accadere anche a chi non beve molto e non sta tenendo velocità folli. Anche perché oggi ci sono fattori che possono pesare ugualmente: per esempio, se squilla il telefonino, le manovre per prenderlo in mano e il tempo per il quale si tiene lo sguardo sul display per capire chi è fanno sì che le reazioni siano rallentate e lo spazio che si percorre prima di reagire sia pari a quello necessario a un guidatore perfettamente concentrato e preparato che stia però viaggiando a velocità altissima. Stanchezza ed eventuali farmaci talvolta fanno il resto.
Il luogo dell’incidente sembra uno di quelli dove i guidatori non sono abituati a rallentare abbastanza, perché non si è ancora arrivati nel cuore del paese, dove l’aumento del traffico e dell’affollamento di persone ai bordi della strada (uniti talvolta a una carreggiata che si fa più stretta) danno l’impressione che si sta andando troppo forte. Per anni, l’unica risposta dei Comuni è stata quella di anticipare l’installazione del segnale di "inizio centro abitato" rispetto al paese vero e proprio (complice il sorgere di edifici poco visibili dalla strada ma con piccoli sbocchi su di essa e senza che ai loro abitanti sia stato dato il privilegio di un marciapiedi), col risultato che anche chi prima rispettava quel cartello ora tende a fare di testa sua e rallenta solo in pieno centro. Visto che l’Italia è ancora piena di strade extraurbane che passano dentro centri abitati o agglomerati di case o capannoni, riflettiamoci tutti.
Per completare il discorso sulle carenze delle strade, cito l’assenza o all’insufficienza – oltre che dei marciapiedi di cui ho già scritto (questione di soldi e spesso anche di spazio, in una Repubblica fondata sui condoni anche edilizi) – di piazzole e guard-rail per proteggere le fermate dei mezzi pubblici e di scivoli che evitino a disabili e genitori con passeggini di restare per lunghi momenti sulla carreggiata prima di riuscire a salire sul marciapiedi. E potrei andare avanti con cassonetti messi sulle strisce, rami che ostruiscono la visibilità eccetera.
Quanto all’auto, il problema non è solo la progettazione datata: quasi ogni mese continuiamo a vedere crash-test di modelli appena lanciati sul mercato che raggiungono a malapena la sufficienza quanto a protezione dei pedoni. Un’auto ben disegnata sotto questo profilo dovrebbe avere un frontale più alto e lungo del consueto, per far sì che la testa del pedone non urti contro il parabrezza (indeformabile), ma contro il cofano (morbido, anche perché – essendo alto – c’è più spazio prima che esso curvandosi verso il vano motore urti contro un organo meccanico che ne fermerà la deformazione). In effetti, questo è il motivo per cui tante auto recenti sono più lunghe dei modelli che hanno sostituito pur non offrendo spazio in più per passeggeri e bagagli. Ma questo è solo l’inizio del problema: secondo l’Etsc (l’organismo internazionale che supporta le istituzioni Ue in materia di sicurezza stradale), i requisiti per consentire l’omologazione dei nuovi modelli vanno affinati (www.etsc.be).