Che dire dell’incidente di ieri tra il tram e il bus davanti a Palazzo di giustizia di Milano? In attesa che la dinamica venga ufficialmente chiarita e senza voler fare voyeurismo sui morti, evidenzierei tre cose.
1. Tutti i mezzi d’informazione in cui mi sono imbattuto non mancano di far notare che tutto è partito dalla manovra di una suv, probabilmente della più veloce tra le suv, e quindi possiamo attenderci che si rinfocoli la polemica accesa da chi vuole vietare la circolazione di queste auto in città. Ma per ora nulla autorizza a pensare che se si fosse trattato di un’utilitaria le cose sarebbero andate diversamente.
2. Non mi è mai piaciuto guidare su quella strada di Milano (la parte più vicina al centro dell’asse viario che porta verso l’aeroporto di Linate). Non solo perché come in molti altre di quella città le corsie preferenziali per i mezzi pubblici sono a centro carreggiata (cosa che provoca spesso l’attraversamento frettoloso di gente che non vuol perdere il bus e l’impossibilità di vedere negli specchietti un mezzo pubblico che sopraggiunge), ma anche perché è stretta e separata dalle corsie normali da un cordolo bassissimo che si scavalca in un niente e può danneggiare le gomme cosa che di per sé può far perdere il controllo del veicolo;
3. Non esiste alcuna legge formale che renda obbligatorie le cinture anche sui bus di città, per la semplice ragione che altrimenti occorrerebbe eliminare i posti in piedi, cosa non conveniente economicamente anche alla luce delle scarse probabilità di incidente grave che hanno questi mezzi. Ma resta la dura legge della realtà secondo cui in un qualsiasi urto le cinture servono. Tanto più in un bus, dove a tutti i rischi soliti se ne aggiungono due: quello di rimanere schiacciati dagli altri passeggeri non allacciati o da borse “in libertà” (cosa che consiglia di mettersi sempre nella parte posteriore dell’abitacolo) e il fatto che mancano zone di deformazione (come il vano motore delle auto) che assorbano l’energia degli urti prima che si trasmetta all’abitacolo.