Giusto lunedì scorso, “Il Sole-24 Ore del Lunedì” ha riferito che per la Cassazione il problema della taratura dei misuratori di velocità non si pone: non c’è alcuna norma che obblighi a farla, almeno per l’uso tradizionale dell’apparecchio (quello con presidio di agenti). Dunque, sembra sfumare il più importante motivo di ricorso degli ultimi anni in materia di eccessi di velocità (si veda anche lo speciale-ricorsi in linea dal 26 novembre su www.ilsole24ore.com). E invece giusto l’altro ieri si è saputo che comunque i giudici di pace di Bari accolgono il 95% dei ricorsi che si basano sulla taratura. Se fosse il campionato di calcio, diremmo che il pallone è rotondo ed è meglio così, perché tutto diventa più avvincente. Ma qui stiamo parlando di qualcosa di più serio, forse.
Peraltro, da quanto hanno riportato i mezzi d’informazione, non si capisce bene con quale motivazione i giudici di pace baresi sostengano che la taratura è necessaria. Io posso solo dire che – interpretazioni giuridiche della Cassazione a parte – dal punto di vista strettamente tecnico è difficile che un apparecchio starato possa “far danni”: considerando i classici Autovelox 104 e 105 (i velocimetri più diffusi in Italia), se i loro raggi laser non fossero più paralleli come all’origine, rimbalzerebbero in obliquo e quindi molto probabilmente non riuscirebbero più a tornare più sull’emettitore, che a quel punto non rileverebbe alcun segnale e quindi non potrebbe leggere alcuna velocità.