Pochi giorni fa, un automobilista ha ricevuto una multa per eccesso di velocità dalla Polizia municipale di Molfetta (Bari). Diligentemente, ha ottemperato all’invito a identificare il conducente (lui stesso), per rendere possibile la decurtazione dei punti dalla patente. Arrivato nell’ufficio dei vigili, si è sentito rispondere che avrebbe dovuto tornare a casa perché secondo il Codice della strada l’identificazione può essere fatta solo per posta. Posto che questo non è vero, è poco credibile che il vigile fosse tanto ignorante da incorrere in questo errore. Forse è più probabile che abbia voluto scaricarsi da un’incombenza, confermando quello che due anni fa avevo anticipato sul Sole-24 Ore del Lunedì” e che “l’Espresso” ha confermato con una dettagliata inchiesta la scorsa primavera: molti Comuni non applicano il meccanismo della patente a punti o lo fanno in modo frammentario e parziale.
I motivi sono tanti. Si va dalla carenza di personale all’assenza di collegamenti telematici idonei a comunicare tempestivamente le decurtazioni a Roma, all’Anagrafe nazionale dei conducenti. Ma il sospetto è che ci sia anche altro: che i Comuni siano più interessati a percepire i soldi delle multe, mentre le decurtazioni – pur importanti ai fini della sicurezza – non portano denaro in cassa.