Consoliamoci: le cose sullo sfascio della giustizia che ho scritto ieri nel post “L’avvocato e il Comune che va in tilt” possono succedere nella tranquillissima e civilissima Norvegia. Pochi minuti fa ce lo ha fatto capire l’Associazione italiana familiari delle vittime della strada col comunicato che vi riporto di seguito. A voi ogni commento. Io dico solo che in episodi del genere mi sono imbattuto non di rado anche in Italia.
Comunicato stampa
Incidenti stradali: ambasciata norvegese, non chiuderemo in un cassetto il caso Casalboni
Questa mattina, alle ore 12.00, la signora Ines Stella Casalboni e una delegazione dell’Associazione Italiana dei Familiari e delle Vittime della Strada sono stati ricevuti dal Primo segretario dell’Ambasciata norvegese, Gyberg Tone. La signora Casalboni e’ la madre di Roberto Casalboni, morto in un incidente stradale a Kristiansand in Norvegia il 17 agosto 2003.
La dottoressa Gyberg Tone ha ascoltato e condiviso il racconto e le aspettative della signora Casalboni. Quest’ultima chiede che sia accertata la verita’ sui fatti che hanno determinato la morte del figlio e che sia fatta giustizia. Vuole una revisione del processo, visto che il ritardo con cui sono stati trasmessi i documenti dalla Norvegia ha prodotto la scadenza dei termini per ricorrere in appello.
La dottoressa Gyberg Tone ha assicurato che avrebbe rappresentato all’Ambasciatore le ingiustizie subite dalla signora Casalboni e che si sarebbe messa in contatto con l’Ambasciata italiana ad Oslo per raggiungere in accordo l’obiettivo della giustizia dovuta.
La dottoressa Gyberg Tone ha assicurato che “non chiuderemo in un cassetto il caso”, ci va di mezzo la dignita’ della Norvegia.
La presidente dell’Aifvs professoressa Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, presente all’incontro, ha assicurato il massimo supporto dell’associazione ed ha ribadito che continuera’ “personalmente a seguire lo sviluppo di questa vicenda, sino alla dovuta soddisfazione del diritto della signora Casalbona ad ottenere la revisione del processo sulla morte del proprio figlio.”
Roberto Casalboni nell’agosto del 2003 si trovava in vacanza in Norvegia e stava viaggiando a bassa velocita’ a bordo di una motocicletta su una strada di Kristiansand.
All’improvviso sbuco’ da una via secondaria, senza rispettare lo stop, una Toyota guidata da un norvegese. L’impatto e’ stato inevitabile. Le lesioni riportate, compatibili con un impatto a bassa velocita’, e l’inadeguatezza dei soccorsi e degli interventi in ospedale hanno determinato la morte del ragazzo. Il processo svoltosi in Norvegia ha sentenziato l’assoluta non colpevolezza del guidatore della Toyota per “la supposta alta velocita’ della moto”. La signora Casalboni, con le consulenze degli esperti interpellati, denuncia una mancanza d’indagini sulle responsabilita’ dei soccorsi giudicati inadeguati e sugli interventi sanitari effettuati in ospedale. Denuncia, inoltre, l’infondatezza della motivazione con cui il tribunale norvegese ha scagionato il guidatore che non ha rispettato lo stop per “supposta alta velocita’ della moto”. Malgrado sia stato accertato che le lesioni riportate “sono compatibili con un impatto avvenuto a bassa velocita’ “.