Nel 2006 gli incidenti stradali hanno fatto in tutta Europa 5mila morti in più di quanto la Ue abbia previsto nel suo programma per arrivare nel 2010 a dimezzare le vittime rispetto al 2001. Solo Lussemburgo, Francia e Portogallo stanno procedendo a un ritmo che potrebbe permettere di centrare l’obiettivo. E l’Italia? Non si riesce nemmeno a saperlo: da noi le statistiche sui morti del 2006 non sono ancora definitive.
Messaggio per i più ottimisti: non è il caso di illudersi che – quando finalmente arriveranno – i dati del 2006 possano essere positivi. Giusto l’altro giorno il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, ha ricordato che proseguendo col ritmo attuale non andremo oltre il 42-45% di riduzione dei morti.
Il bilancio europeo 2006 lo ha fatto – come ormai consuetudine – l’Etsc (www.etsc.be), organizzazione no profit di studio sulla sicurezza stradale cui partecipano esperti istituzionali di tutti i Paesi Ue e che funge anche da supporto alla Commissione europea nell’elaborazione delle politiche da seguire sulla materia. Rispetto agli anni precedenti, non ci sono particolari novità: Francia, Lussemburgo e Portogallo confermano di essere gli unici Paesi Ue in grado di ridurre i morti quanto è necessario per centrare il dimezzamento (occorre un calo superiore all’8% annuo), il Belgio li segue a ruota. Male i nuovi Stati membri, quelli dell’Est: Polonia, Slovenia e Slovacchia riducono le vittime solo di poco (la Gran Bretagna, comunque, non ha fatto molto meglio), mentre in Lituania, Ungheria ed Estonia addirittura sono morte l’anno scorso più persone che nel 2001.
Come di consueto, l’Etsc attribuisce il successo della Francia all’aumento dei controlli automatici di velocità e quello del Lussemburgo alla stretta sull’alcol (abbassamento del tasso alcolemico consentito e inasprimento delle sanzioni).
In Portogallo, invece, sarebbe stata vincente una combinazione di fattori: la costruzione di nuove strade veloci che hanno decongestionato alcuni itinerari extraurbani e maggiori controlli automatici di velocità. In effetti, a volte l’apertura di strade veloci porta problemi per la sicurezza, ma il contemporaneo aumento dei controlli ha contrastato questo effetto. L’Etsc riporta che ci sono state proteste per un eccesso di controlli attorno a Lisbona, ma in generale i portoghesi sembra siano favorevoli alla stretta perché consci che non esiste altro metodo per indurli alla disciplina su strada e per questo chiedono al Governo di fare ancora di più.
E l’Italia? Bianchi, nel suo discorso alla Conferenza annuale sul traffico organizzata dall’Aci a Riva del Garda (Trento) è stato costretto a “riciclare” le stime rese note quasi un anno fa alla Conferenza internazionale di Verona sulla sicurezza: siamo fermi an ritmo che ci consentirà una riduzione complessiva del 35% e sforzandoci potremmo arrivare al 42-45%. Bianchi ha difeso le sue iniziative (il decreto legge di quest’estate, ampiamente criticato su questo blog, e il disegno di legge presentato a marzo e ancora all’esame del Parlamento). Giustamente ha detto che occorre incidere sulla cultura dei guidatori, ma ha aggiunto che oggi si mira a formare conducenti più abili che prudenti. Che gli italiani siano imprudenti è vero; che siano abili – a giudicare da quanta gente sbaglia ancora la posizione di guida, che è la cosa fondamentale e propedeutica a qualsiasi discorso sull’abilità – mi sembra dubbio.