In queste ore, si riaccende la polemica sulla sicurezza nei tunnel stradali italiani: dopo l’incidente con fiamme in una della gallerie della SS36 che passano sotto l’abitato di Lecco, costato la vita a due persone e un’intossicazione a molte altre, si stanno rispolverando le classifiche internazionali che vedono l’Italia all’ultimo posto. Ne avevamo parlato anche sul Sole-24 Ore (nel dossier sulla sicurezza stradale uscito il 27 aprile scorso), ma stavolta quelle classifiche non c’entrano: sono state elaborate esaminando alcune gallerie ben più anziane di quella di Lecco, che invece è un gioiello di tecnologia. Realizzata nel ’99 dopo anni di lavori (il progetto fu difficile e travagliato), ha rifugi antifiamme e ventilatori in quantità. E allora perché oggi sono morte due persone?
Innanzitutto, pare che i ventilatori abbiano cominciato a funzionare in ritardo. Vedremo se la magistratura scoprirà carenze di manutenzione oppure se emergeranno solo indecisioni da parte della sala operativa su come farli funzionare (per esempio, sulla direzione in cui sospingere il fumo). Oppure se queste prime notizie sono bufale (purtroppo capita spesso nelle cronache).
Poi c’è da dire che il tracciato che sottopassa Lecco, dovendo fare lo slalom tra il Lago e altre difficoltà di ordine geologiche, è pieno di curve (peraltro cieche, come sempre accade in galleria, essendoci i muri). Da un lato, ciò induce a rallentare (per la scarsa visibilità e le continue variazioni di assetto dovute al susseguirsi di curve e controcurve), dall’altro però aumenta le possibilità di errori di guida. Tanto più che lì sotto ci sono anche alcuni svincoli per risalire in superficie verso alcuni quartieri di Lecco; queste rampe – anche a causa della luce artificiale – non risultano subito distinguibili e quindi possono causare ulteriori brusche manovre.