Con “Il Sole-24 Ore del Lunedì” dell’altro ieri ho completato un miniciclo di tre puntate in cui spero di aver dimostrato che, quando guidiamo, scegliamo la velocità non tanto in funzione del fatto che ci sembri adeguata, ma soprattutto in base ad alcune impressioni che possono rivelarsi fallaci. Basta persino avere una strada uguale in tutto e per tutto a un’altra, ma circondata da massicciate anziché da campagna piatta e libera: percorrendole entrambe alla stessa andatura, si avrà la sensazione di essere più lenti in quest’ultimo caso, perché la visuale è libera e i punti di riferimento sono più lontani, quindi non ci si accorge bene della velocità alla quale si oltrepassano. E’ un po’ come guardare il paesaggio da un aereo che va a 900 all’ora a 10mila metri di quota: sembra di essere fermi, mentre quando stiamo per toccare la pista la velocità è circa un terzo ma ci pare di essere rapidissimi.
Inoltre, ci regoliamo in base al rumore del motore e ai rapporti del cambio.
Insomma, decidiamo a quanto andare prevalentemente in base a criteri che non c’entrano con la sicurezza. Per esempio, questo spiega perché c’è chi si sente di andare a 200 all’ora anche di notte, avendo per giunta negli occhi gli anabbaglianti di chi procede in senso opposto: se sulla carreggiata c’è un ostacolo non illuminato, non losi vedrà mai in tempo per frenare o evitarlo. E invece uno dei criteri fondamentali con cui dovremmo sceglierci la velocità è proprio quello della visibilità.
Praticamente, somigliamo agli insetti attratti dalla luce bluastra delle zanzariere elettriche, contro le quali muoiono fulminati: biologicamente non siamo attrezzati per vivere con l’auto (proprio come gli insetti con le zanzariere), perché non siamo nati con l’istinto di guidare e la percezione esatta di quanto e come ci spostiamo durante il viaggio. Quindi non percepiamo i pericoli reali. Pensateci ogni volta che scegliete quanto premere sull’acceleratore.