Nel disegno di legge Bersani sulle liberalizzazioni, in discussione alla Camera, c’è anche il via libera al tuning. Cioè alla possibilità di “truccare” le auto sia esteticamente sia meccanicamente, cosa praticamente vietata sinora (anche se i controlli sono quelli che sono). Già alla presentazione del Ddl, a fine gennaio, ci furono perplessità. Che stanno diventando vere e proprie preoccupazioni ora, dopo alcuni emendamenti approvati in commissione che stanno per essere portati al via libera da parte dell’aula della Camera: di fatto, qualsiasi forma di tuning su moto, auto e – addirittura- autocarri leggeri rischia di essere ammessa. L’unico vincolo è che sia certificata da un organismo tecnico, che però può operare semplicemente autocertificando la propria competenza. Ciò non garantisce (o, meglio, garantisce ancor meno rispetto a oggi) che circolino auto tanto truccate da diventare poco sicure, molto inquinanti e meccanicamente meno affidabili. Non solo: sulla carta di circolazione non ci sarebbe traccia dell’elaborazione, per cui chi acquistasse di seconda mano l’auto truccata potrebbe scambiarla (e pagarla) per normale, ignorando i possibili problemi di affidabilità.
Oggi i veicoli devono rispondere a tanti di quei requisiti di sicurezza e inquinamento che modificarli è molto difficile. Per esempio, un alettone potrebbe compromettere la resistenza in un crash test o aggravare le ferite di un eventuale pedone investito; il semplice supporto di un navigatore satellitare portatile potrebbe interferire con l’apertura degli airbag; la rimappatura della centralina dell’iniezione elettronico per ottenere più potenza (in frode al Fisco, peraltro) può rendere il motore meno guidabile in condizioni normali e meno longevo, con rischio di rotture tanto improvvise quanto pericolosi. Senza contare che, in caso d’incidente, le assicurazioni potrebbero far scattare la rivalsa nei confronti del proprietario del veicolo truccato.
Di fronte a questi rischi, nel sistema attuale, è previsto che le elaborazioni si possano fare, ma solo se ci sono il nulla osta del costruttore e il controllo finale della Motorizzazione. Saranno cose di discutibile efficacia pratica e talvolta non giustificate tecnicamente, ma almeno ci sono. Domani potrebbe non esserci più alcun limite.
Le case automobilistiche dovrebbero essere preoccupate di questo, eppure non risulta che stiano facendo sentire più di tanto la loro voce. Non vorrei che fosse un modo per scaricare sui clienti le responsabilità in caso di guasti o incidenti.
Insomma, sembra di essere di fronte a un’altra liberalizzazione che lascia scoperti i consumatori anziché proteggerli (come invece si dice debbano fare tutte le liberalizzazioni). E allora resta il dubbio che giovi solo ai protagonisti del tuning: produttori di pezzi per le elaborazioni, installatori e certificatori. Tra questi ultimi, la possibilità di autocertificarsi sembra di fatto lasciare qualche spazio anche a soggetti improvvisati, quando l’esperienza tedesca (spesso portata come esempio di liberalizzazione ed efficienza nel campo della tecnica automobilistica) dimostra che talvolta anche enti di riconosciuta esperienza hanno effettuato omologazioni su cui poi sono sorti dubbi.