Dunque, potrebbe essere stata la droga a causare l’incidente dell’autobus che l’altro ieri a Vercelli è costato la vita a due bambini. Se ciò sia vero o no, lo stabiliranno i giudici. Ma, a prescindere da questo, è incontestabile che la droga tra gli autisti sia diventata un serio problema: l’ho scritto qualche settimana fa su questo blog (si veda il post “Il tossico della corsia accanto”) e lo hanno confermato le statistiche rese note ieri dall’Asaps (Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale). A tutto questo si aggiunge la fatica: capita che – anche quando ci sono due autisti – uno faccia solo da prestanome.
Secondo l’Asaps, dal 1° luglio 2003 (giorno successivo all’entrata in vigore della patente a punti e di norme antidroga alla guida più severe) al 1° marzo scorso, sono stati 38 gli autisti di bus e camion trovati sotto l’effetto di stupefacenti. E altri due hanno rifiutato il test. Sembrano pochi e invece sono un’enormità: le cifre si riferiscono solo ai casi definitivamente accertati (quelli in cui il relativo processo penale si è chiuso) e scontano il fatto che i test antidroga si fanno soprattutto il sabato notte su automobilisti e motociclisti (contrariamente a quelli antialcol, non vengono effetuati “in automatico” su qualunque incidente intervenga la Stradale). Inoltre, ricordo una confidenza allarmata che mi fece già dieci anni fa un medico romano molto esperto in materia di rinnovo patenti: già allora lui riscontrava problemi di tossicodipendenza anche tra autisti di mezzi pubblici. Sempre in quel periodo, ricevetti la lettera di un autista che mi chiedeva se fosse normale ciò che gli era capitato: era andato in un’agenzia di pratiche auto per rinnovare la patente e la pratica fu espletata senza che lui avesse nemmeno visto in faccia il medico che sulle relative carte dichiarò di averlo visitato.
Anche del fenomeno degli autisti “prestanome” sentii parlare dieci anni fa: viaggiavo su un autobus extraurbano di linea, il cui conducente ne raccontava a un suo amico poliziotto che gli stava accanto. Non si preoccupava affatto di essere ascoltato dai passeggeri e, soprattutto, quasi si vantava del sistema. Io continuo a sperare che fossero solo vanterie. Comunque, in sostanza il sistema funzionerebbe così: ci sarebbero giovani che “comprano” patenti C (per camion) e D (per autobus) a mo’ d’investimento per assicurarsi un lavoro. Infatti, le norme sui tempi massimi di guida impongono di fatto la presenza del secondo autista nei viaggi lunghi (proprio come le gite scolastiche), ma per contenere i costi alcuni noleggiatori di bus sceglierebbero questo conducente tra questi giovani, che si fanno pagare meno perché in realtà incapaci di guidare: in pratica, farebbero i passeggeri e, in caso di controlli, dichiarerebbero di aver ricevuto da poco il cambio dal collega. Per ironia della sorte, ricordo che di secondo autista parlò molto nel 1983 come soluzione al problema della stanchezza, che aveva causato la strage del Melarancio (galleria dell’Autosole presso Firenze) proprio durante un’altra gita scolastica.