No, non è un’eccezione. L’incredibile scambio di tubi che sembra all’origine della morte di quattro pazienti all’ospedale di Castellaneta è solo la svista più clamorosa venuta alla luce nella realizzazione delle opere pubblice italiane. Ma ce ne sono tante altre, spesso meno evidenti e per questo ignorate o quasi dai giornali. Non poche riguardano le strade e per questo ne sono a conoscenza.
Il problema comune è che manca la cultura della sicurezza. L’esempio più evidente è quello che circola nell’ambiente dei laboratori di analisi degli asfalti: non vengono chiamati dai gestori italiani per testare il manto di strade importanti, ma può accadere che lavorino per multinazionali (con sede centrale in Paesi dove la cultura della sicurezza c’è) per certificare un semplice piazzale di parcheggio.
In questo post voglio raccontarvene un po’: parleremo soprattutto di guard-rail (lombardi, emiliani, toscani e pugliesi), ma anche di segnaletica (romagnola, lucana e pugliese). Per finire con un banale tendone di negozio milanese. Ma attenzione: sono solo esempi, che probabilmente si ripetono anche altrove.
Le storie sui guard-rail riguardano quasi tutte tratti autostradali (ma spesso le altre strade non stanno meglio), risalgono per la maggior parte al periodo 2002-2003, ma alcune affondano le radici anche prima. Cioè al periodo in cui l’allora società Autostrade era ancora in mano pubblica. Quindi ci sono stati problemi sia prima sia dopo la privatizzazione. E va dato atto all’attuale gestione di aver avviato un programma d’investimenti proprio sui guard-rail (si veda anche il Rapporto sicurezza stradale uscito col Sole-24 Ore del 27 aprile). Ciò non toglie che proprio sui lavori si concentrano alcune voci interne al mondo delle imprese: i gestori di strade e autostrade accetterebbero ribassi eccessivi rispetto alla base d’asta, mettendo a repentaglio la qualità dei lavori e la sicurezza degli addetti ai cantieri e degli utenti.
La prima storia sui guard-rail ha per protagonista la Polizia stradale che opera sull’autostrada Milano-Laghi. I poliziotti indagarono su alcune “cuspidi” (guard-rail che si trovano all’inizio delle rampe di svincolo): erano barriere regolarmente omologate, ma pareva fossero state montate in modo errato o usato in modo improprio. Secondo i poliziotti e la Procura della Repubblica di Milano, fu per questo che qualche veicolo uscito di strada all’altezza degli svincoli vi si incastrò sotto.
Nel tratto autostradale bolognese accadde invece che l’inizio di uno spartitraffico in cemento (il “New Jersey”) fu montato al contrario: subito dopo un varco by-pass per i cambi di carreggiata in caso di lavori o emergenze, si trovava prima la lastra di cemento che serviva a proteggere chi veniva in senso opposto e poi, sfalsata di poche decine di centimetri, quella per il senso giusto (che avrebbe invece avrebbe dovuto stare davanti, per sviare un veicolo che l’avesse urtata). Si creò così un “cantuccio” dove si sarebbe rovinosamente incastrato un veicolo che, per somma sfortuna, avesse sbandato proprio un quel punto. Questa sfortuna capitò a un automobilista altoatesino. Per rispetto non vi descrivo le foto dell’incidente.
Su alcune autostrade toscane, si vollero cambiare i vecchi guard-rail con modelli moderni, regolarmente omologati. Un’azienda del settore fece una relazione da cui si evince che alcune di queste barriere (peraltro più pesanti di quelle vecchie) avrebbero dovuto poggiare su cordoli di cemento probabilmente mai ristrutturati dopo l’inaugurazione dell’autostrada. E quindi ammalorati. Non ho mai potuto sapere se siano stati effettivamente poggiati e se il problema sia venuto a galla in occasione di qualche incidente.
In Puglia fino a qualche tempo fa alcuni tratti di spartitraffico autostradale avevano un profilo ondulato e paletti di sostegno con la parte inferiore apparentemente più nuova di quella superiore. Tutto ciò fa sospettare che si sia lavorato di ruspa per rialzare le barriere, trovatesi a essere troppo basse a seguito di varie asfaltature che hanno alzato il manto stradale: la parte alta dell’onda avrebbe coinciso con i punti tirati su dalla ruspa e la parte “nuova” del sostegno sarebbe stata quella rimasta sotto terra fino a qualche tempo prima. Se così fosse stato, il guard-rail avrebbe perso buona parte dell’ancoraggio a terra e quindi della sua capacità di “assorbire” e sviare i veicoli.
In tema di segnaletica, cito alcuni grandi cartelli agli svincoli della breve superstrada adriatica a nord di Rimini: sono stati piantati su pali pressoché blindati e non preceduti da cuspidi, cosicché nel 2002-2003 alcune uscite di strada in loro corrispondenza sono state fatali ad alcuni giovani (che purtroppo andavano anche a forte velocità). Per anni, poi, alla fine di due tratti di superstrada con spartitraffico presso Taranto furono messi cartelli che invitavano a rientrare su un lato della strada dove invece il nastro d’asfalto finiva. Stesso problema (anche questo risolto) sulla statale Jonica presso Nova Siri (Matera). A Taranto città alcuni semafori del trafficato viale Magna Grecia avevano il rosso scolorito, troppo simile al giallo. Tra Lavello (Potenza) e Cerignola (Foggia), il rettilineo di una superstrada in costruzione era in linea con la strada già aperta al traffico, compresi i catadiottri laterali, che di notte davano l’impressione che fosse tutto un unico rettilineo; solo all’ultimo momento ci si poteva accorgere che in realtà poi la strada esistente curvava, ma chissà se qualcuno –magari stanco o dopo aver bevuto- non sia andato dritto trovandosi poi nel vuoto.
Infine, il tendone. A Milano chi percorre via Vitruvio in direzione della Stazione centrale rischia di arrivare all’incrocio con via Settembrini senza accorgersi del semaforo: la lanterna è resa invisibile dal telone che ripara l’ingresso di un negozio. Certo, qualche metro più avanti c’è anche un’altra lanterna (quella sostanzialmente fatta per i pedoni, sull’altro lato di via Settembrini) che è visibile. Ma quando la si vede si è già piuttosto avanti e ci vogliono buoni riflessi e capacità perfarmarsi se c’è il rosso.