Poche ore fa in autostrada, vicino a Vercelli, sono morti due bambini e sette si sono feriti gravemente. Viaggiavano su un autobus. Non si conoscono ancora i dettagli dell’incidente, ma una cosa mi sento già di dirla: dovremmo tutti quanti entrare nell’ordine di idee che le cinture di sicurezza vanno allacciate su qualunque oggetto che ne sia dotato e si stia muovendo. Dalla nostra auto imbottigliata in città all’aereo che sta per fermarsi accanto all’aerostazione. Passando per gli autobus, dove le cinture sono state rese obbligatorie 13 mesi fa, ma il loro uso è di fatto rimesso alla coscienza dei singoli: un agente appostato a bordo strada non riuscirà mai a vedere e multare il passeggero dell’ottava fila che viaggia slacciato. E infatti sugli autobus si continua a viaggiare come se le cinture non ci fossero: ogni volta che ci salgo sono sistematicamente l’unico ad allacciarmi. Accadeva sia dieci anni fa (quando hanno cominciato a entrare in circolazione i primi autobus dotati di cinture) e accade ora che c’è l’obbligo.
Non è solo un problema italiano: la stessa direttiva europea che imponeva l’obbligo di cinture anche sugli autobus, prefigurandosene le difficoltà di applicazione, ha previsto che alla partenza si faccia un briefing di sicurezza, come sugli aerei di linea. Solo che ben raramente ci sono hostess incaricate di vigilare e l’autista ovviamente può fare poco. E allora non resta che sensibilizzare i passeggeri.
Il briefing non basta. Sarebbe necessario che in tv fossero mostrati filmati di come volano i manichini nei crash test: molti scoprirebbero che viaggiare in autobus è più pericoloso che in auto, perché si può essere sbalzati in uno spazio più ampio, nel quale peraltro si rischia di essere travolti dagli altri passeggeri e dai bagagli. Senza contare che non sempre la resistenza strutturale di un autobus offre migliore protezione rispetto a un’auto, soprattutto in casi di ribaltamento come quelli accaduti a Vercelli.
Se aggiungiamo che talvolta gli autisti guidano troppo a lungo perché il secondo è solo un prestanome (e l’incidente di Vercelli sembrerebbe dovuto proprio a un colpo di sonno), dovrebbe essercene abbastanza per allacciare le cinture. E invece sono convinto che piangeremo tutti per quei bimbi morti e poi continueremo a far viaggiare i nostri e noi stessi slacciati sugli autobus. Per ignoranza e disattenzione.