“La strada è puttana”. Quell’ispettore della Stradale mi aveva conosciuto solo da una mezz’oretta e mi parlava ancora in modo circospetto, come tutti gli investigatori che studiano ogni nuovo interlocutore e, quando è un giornalista, temono di svelargli qualcosa che non dovrebbero. Ma l’ispettore si lasciò scappare questa frase e gliene sono grato: è stato il modo migliore per farmi capire che la strada può tradire da un momento all’altro. Anche quando sembra tutto sotto controllo. Solo che è difficile tenerlo a mente, tanto che il poliziotto – a monito perenne, innanzitutto per se stesso – per ricordarsene si era appeso in ufficio un quadro raccapricciante, che raffigura il corpo ormai informe di un contrabbandiere falciato da un’auto in corsa su un’autostrada dove stava trasbordando “merce” come se si fosse trovato sul piazzale di un’azienda di logistica. Glielo aveva regalato un geometra della società di gestione dell’autostrada, a ricordo di un incidente sul quale erano intervenuti entrambi. E per il quale entrambi si erano impressionati (un evento raro, se considerate che per un poliziotto della Stradale è normale vedere sull’asfalto una cinquantina di cadaveri all’anno, forse più di un suo collega impegnato sul fronte della guerra di camorra a Napoli e dintorni).
Perché vi racconto questo episodio, che risale giusto a nove anni fa? Per rispondere ai vostri commenti in cui indicate quali dovrebbero essere i limiti di velocità giusti. Infatti, mettetevi nei panni di chi travolse quel contrabbandiere: stava percorrendo uno dei tratti autostradali più sgombri e “veloci” d’Italia e tutto poteva aspettarsi tranne che di piombare sugli spericolati malviventi. Se non ricordo male, in un commento che ho letto si ipotizza addirittura un innalzamento dei limiti di notte, quandoc’è meno traffico (ma ci sono anche meno visibilità e, spesso, lucidità!); in quegli stessi anni, su quel tratto non era raro trovare extracomunitari clandestini a piedi sulla corsia di emergenza…
Tutto questo per dirvi che persino una situazione totalmente sotto controllo può mutare all’improvviso e non è detto che il cambiamento sia visibile da una distanza sufficiente per reagire. E’ invece certo che, in queste situazioni, all’improvviso il conducente ha la netta percezione di andare troppo forte, a prescindere dalla velocità reale, che magari fino a una frazione di secondo prima gli sembrava anche bassa. E questa non è mai una bella percezione, provoca come minimo un bello spavento. Contrabbandieri e clandestini a parte, può sempre spuntare qualcosa o qualcuno dietro una curva cieca (o resa cieca dalla vegetazione, può bastare anche la siepe di uno spartitraffico autostradale), davanti a un camion che vi precede, il distratto che ci taglia la strada proprio mentre lo stiamo sorpassando eccetera. Insomma, può davvero succedere di tutto, ma per capirlo bene occorrerebbe che ciascuno possa fare una cosa che però è vietata: andare negli uffici di un corpo di polizia a farsi raccontare gli incidenti, guardandone anche le foto che poi vanno nei fascicoli processuali. Senza alcuna censura per i particolari raccapriccianti.
A 130 all’ora (per restare in autostrada), in un secondo si percorrono quasi 40 metri e un secondo è il tempo che un conducente bravo e in buone condizioni fisiche impiega per iniziare a frenare una volta percepito il pericolo. A quel punto, lo spazio di frenata con un’auto moderna si aggira sui 60-70 metri (vent’anni fa c’erano comunque modelli che superavano abbondantemente i 100 metri, ricordo una tranquilla e all’epoca diffusa berlina che, in versione restyling, viaggiava sui 116 metri). Non basta: spesso ci è rimasta la paura di frenare premendo il pedale a fondo (il nostro istinto non si rende conto che l’Abs -da oltre un anno di serie praticamente su tutte le auto nuove- impedisce il bloccaggio delle ruote e quindi il rischio di non controllare il mezzo quando si “inchioda”), per cui perdiamo altri metri preziosi.
I rischi potrebbero essere molto ridotti se tutti tenessimo una distanza realmente di sicurezza da chi ci precede, ma questo non avviene mai. Per tre motivi:
1. il traffico spesso intenso, che tende a farci occupare tutta la carreggiata;
2. il carattere di noi italiani (avete presente la fila alla Posta o in farmacia?);
3. l’istintiva certezza di non essere multati (di fatto, la sanzione viene fatta scattare solo dopo un tamponamento, perché solo un evento del genere prova inconfutabilmente l’eccessiva vicinanza, non essendo mai stata fissata una distanza minima in metri da tenere sempre, in quanto il più recente Autovelox – il 105 – sarebbe in grado di misurarla, ma i conducenti no, finché l’Europa non imporrà l’installazione di un apposito strumento a bordo). Così tutta l’attenzione delle forze dell’ordine deve per forza spostarsi sulla velocità.
Certo, fa rabbia. Perché così si fa credere alla gente che basti rispettare i limiti per non correre alcun rischio e questo non è affatto vero (talvolta fa abbassare l’attenzione e l’incidente arriva anche per quello). Non solo: i limiti di velocità sono spesso il modo più immediato per comunicare la strategia di un Governo, per cui è di fatto impossibile pensare a un eventuale aumento. Perché esso -anche se fosse accompagnato da controlli spietati- sarebbe sempre interpretato dalla gente come un rilassamento su tutto l’insieme delle regole stradali (dall’obbligo di mettere la freccia al divieto di drogarsi) e quindi una sorta di autorizzazione all’anarchia. Un’anarchia ancora peggiore di quella che si vede già sulle nostre strade. Ma per ora non c’è alternativa: non resta che sperare in una rapida diffusione dei dispositivi automatici, che già oggi su alcuni modelli di gamma alta tengono “da soli” la distanza di sicurezza e talvolta, se necessario, avviano anche una frenata d’emergenza.