Dopo oltre sei mesi, sono riuscito a leggermi tutte le centinaia di pagine che racchiudono la storia pazzesca di Carlo Massone, l'autotrasportatore piemontese che a partire dagli anni Ottanta ha acquistato una serie di camion-bidone (ve ne ho scritto il 24 aprile scorso e nell'agosto 2008). Insicuri e con documenti irregolari, tanto da farlo finire nei guai nonostante fosse in buona fede. Posso solo confermare la mia impressione che già vi riportai in quei post: Massone operava su una fascia di mercato di basso livello e quindi più esposta a truffe, che proprio i controlli delle autorità dovrebbero non dico stroncare ma perlomeno tentare di arginare. Anche perché il povero Massone probabilmente ha sbagliato non solo gli acquisti di camion, ma anche la scelta dell'avvocato, il che ha amplificato le conseguenze di lungaggini, formalismi, inerzie e – talvolta – connivenze che caratterizzano la giustizia italiana.
Trovavo consolante una sola cosa: il fatto che fosse una vicenda ormai vecchia. Questo particolare, se da un verso è negativo perché rende oggi impossibile rimediare ai torti subìti da Massone (i tempi sono stati talmente lunghi da far arrivare alla prescrizione anche senza l'aiutino di qualche legge ad personam), è positivo perché dovrebbe dare la misura di quanto i tempi siano cambiati. Da qualche anno, Polizia stradale e Motorizzazione macinano controlli sui camion fermati a campione per strada e ora i tecnici della Motorizzazione che vanno a fare le revisioni nelle sedi delle imprese cominciano ad avere un kit informatico che dovrebbe ridurre la loro discrezionalità (e quindi la possibilità di farsi corrompere per promuovere mezzi non in condizioni da poter circolare). Ma poi mi è capitato tra le mani "Tuttotrasporti" di luglio-agosto 2009 e mi è tornato il magone. Perché dà la misura di quanto i controlli che pure si fanno siano un secchiello in mezzo al mare.
Infatti, si parla di camion malconci e con autisti pagati in nero messi in strada da imprese di trasporto legate alla 'ndrangheta e ai casalesi, che vanno da aziende del Nord a offrire tariffe inferiori del 30-40% rispetto al mercato normale (dove già i margini di guadagno sono pressoché inesistenti). Sottolineo che accade al Nord e che dall'articolo traspare chiaramente il fatto che anche lì la società civile fa spallucce: di fronte a un loro associato che denuncia queste cose, le organizzazioni di categoria tendono a rispondergli di farsi i fatti suoi perché non c'è nulla da fare. Un comportamento forse dettato anche dalle esperienze delle associazioni che denunciano ma senza ottenere risultati, come nell'articolo si dice della Fita-Cna della Liguria. E dal fatto che pure i controllori della Motorizzazione possono essere intimiditi dai criminali. Quindi, forse, meno tangenti e più intimidazioni. Ma il risultato resta lo stesso: poca sicurezza