Non crediate che questo post non c’entri nulla con le cose di cui ci occupiamo di solito. Io nelle righe che leggerete qui sotto (se ne avrete la pazienza) scriverò che l’abbandono dell’edizione cartacea da parte di un simbolo internazionale del giornalismo come il settimanale Newsweek sta innescando in questi giorni tanti commenti, ma nessuno descrive nel modo crudo che sarebbe necessario la crisi in cui è precipitato il settore. Una crisi che rischia di essere mortale per la credibilità di tutti gli organi d’informazione e questo è giusto che voi lettori lo sappiate, se non altro perché l’esito di questa crisi dipenda anche dai vostri comportamenti. Questo vale pure per l’informazione su auto e moto, una di quelle storicamente più esposte al problema dei soldi che mancano e arrivano solo da sponsor che possono influenzarla. Ecco perché la storia del Newsweek fa riflettere anche noi che ci occupiamo di magagne che accadono su ruote e strade.
Personalmente, il passaggio del Newsweek al solo formato digitale è un trauma: ricordo ancora che nell’82, in quinta ginnasio, nella mia classe ci abbonammo su iniziativa dell’insegnante di inglese e mi pareva incredibile poter ricevere nella mia scuola della provincia meridionale una rivista che parlava di tutto il mondo e nasceva in ambienti lontanissimi dal mio piccolo mondo. Insomma, all’epoca il Newsweek a scuola aveva una funzione simile (anche se terribilmente rudimentale, vista con l’occhio di oggi) a quella che attualmente ha il web. Perciò colpisce che quella rivista abbia dovuto abdicare.
Ma questo colpo è solo il punto di partenza per un’analisi che per forza di cose dev’essere impietosa. Perché arriva alla conclusione tratta ieri da un collega cui avevo telefonato solo per fare gli auguri di fine anno: “Noi giornalisti dobbiamo prepararci a fare anche altro nella vita, per sopravvivere fino alla pensione”.
Ora, che credibilità può avere un giornalista che deve fare anche altro, visto che lo stipendio è ormai a rischio anche per quella minoranza di privilegiati che ce l’ha (la maggior parte delle firme che leggete è di free lance pagati pochi euro ad articolo)? Il tutto avviene in un giornalismo in cui sono già in uso prassi che vi faranno arricciare il naso, come il presenziare a certi eventi solo quando chi li organizza paga trasporto e alloggio. Non si dovrebbe, ma si fa.
Dovete saperlo perché molti giornalisti eviterebbero di farlo, ma i bilanci degli editori non permettono alternative. Così come non permettono più di avere organici ben dimensionati, quindi sempre più spesso è difficile conquistarsi e coltivarsi una specializzazione, riflettere sulle notizia per coglierne i significati più profondi: c’è sempre qualcosa da fare prima, qualche buco in pagina da tappare.
Dunque, se – com’è giusto – volete informarvi spendendo sempre meno o addirittura anche gratis, siete liberi di farlo. Ma dovete sapere che c’è anche un prezzo occulto da pagare: la superficialità (quando non l’infedeltà) dell’informazione.
Intendiamoci: non sto dicendo che coprendo d’oro i giornalisti e facendone aumentare il numero si risolverebbero i problemi. Infatti, la corruzione e l’insipienza possono sempre esserci e ci sono. Ma, avendo a disposizione risorse ragionevolmente adeguate, potremmo servirvi mediamente meglio.