Visto dai media italiani, l’accordo tedesco tra governo e case automobilistiche per fare in modo che queste ultime richiamino le loro diesel seminuove sembra soprattutto un goffo tentativo di Angela Merkel di smussare lo scandalo dieselgate che inizia a deflagrare in modo potenzialmente rovinoso anche in Germania. Ben due anni dopo che negli Usa è scoppiato lo scandalo e, soprattutto, alla vigilia di elezioni nazionali che preoccupano la cancelliera. Nessuno ha invece notato che esistono anche gli automobilisti-clienti-consumatori. Che stavolta potrebbero anche spostare il bilancio dell’operazione, rendendolo meno favorevole di quel che sembra agli analisti.
In effetti, l’impegno finanziario per le case è ben più limitato di quello che rischiavano di dover affrontare, perché il governo tedesco si è limitato a pretendere da loro richiami per modifiche al solo software e sconti robusti ai clienti che acquistano nuove auto a gasolio (le discendenti più o meno dirette di quelle che sono al centro dello scandalo) e non a quelle con propulsioni alternative (a gas, ibride ed elettriche, che invece andrebbero incentivate se si volesse agire più in profondità nell’immediato per l’ambiente, oltre a rendere più severe le revisioni dei mezzi in circolazione). Dunque, una sorta di incentivo-rottamazione inteso in modo commerciale classico e per giunta limitato alla sola Germania (anche se la Bmw lo ha esteso volontariamente a tutta Europa). Ma ci sono da considerare almeno tre aspetti, che potrebbero rivelarsi a svantaggio dei costruttori.
- Aver preteso modifiche al solo software (esattamente come già l’anno scorso per “chiudere” la prima ondata del dieselgate è stato consentito a Volkswagen sui motori 1.2 e 2.0, mentre sull’1.6 occorre aggiungere un piccolo filtro) potrebbe essere un boomerang: in Italia non se ne parla sui media (che anzi tendono a rassicurare), ma nei Paesi anglosassoni hanno buona visibilità gruppi di pressione che raccolgono le lamentele di chi ha sottoposto la propria vettura al richiamo, riscontrando che con la nuova mappatura c’è un peggioramento di alcune prestazioni o altri problemi come l’intasamento del filtro antiparticolato. Se si dimostrasse che questi inconvenienti esistono effettivamente e dipendono solo dal richiamo e non anche da concause come l’usura che l’auto ha accumulato negli anni, ci sarebbe spazio per fare causa al costruttore, costringendolo o a concedere bonus economici o a riprendersi indietro le auto difettose (come già accaduto negli Usa).
- Ci sono già cause in corso anche in Europa. Certo, la sensibilità ambientale degli europei sembra ridotta rispetto a quella degli americani: le vendite dei costruttori coinvolti nello scandalo non sono state penalizzate più di tanto, anche se questo risultato è maturato in un continente che ha raggiunto il record storico delle km zero – vendute spesso con sconti super – sui suoi principali mercati nazionali. Ma attenzione: da quando il Tribunale di Venezia ha ammesso la class action di Altroconsumo contro Volkswagen per il dieselgate, i fax degli uffici giudiziari veneziani sono stati intasati da gente che voleva aderire all’azione. Tanto che qualcuno ha inviato la propria richiesta di adesione a fax che sono installati in quegli uffici ma non sono quelli “giusti” (invece le rigide regole procedurali vanno rispettate, quindi bisogna attenersi alle istruzioni pubblicate da Altroconsumo). Insomma, la possibilità di ottenere un risarcimento danni pare stia avendo la meglio sull’insensibilità ambientale e sulla cronica inadeguatezza della giustizia italiana (ci voleva così tanto ad aprire una casella Pec?). Un campanello d’allarme per le case.
- Perché l’accordo “salva-case” è stato raggiunto solo in Germania? Perché finora in altri importanti Paesi Ue non è stato necessario coprire i costruttori più di tanto. Probabilmente non lo sarebbe stato nemmeno in Germania, se i sindaci di alcune grandi città non avessero imposto divieti di circolazione alle vetture a gasolio, pressati dalle elevate concentrazioni di biossido di azoto (che fa parte degli ossidi di azoto – NOx – al centro del dieselgate ed è prodotto prevalentemente da auto e mezzi pesanti) nell’aria. Ma, guardando a pagina 30 dell’ultimo rapporto della Ue sull’inquinamento atmosferico air-quality-in-europe-2015-report-1, si vede che nel Nord Italia c’è lo stesso problema. Quindi, almeno in teoria, anche molti sindaci italiani potrebbero mettere in fuorigioco il diesel, scuotendo la Motorizzazione dal suo torpore e costringendo anche l’Italia a imporre qualcosa alle case automobilistiche.
Dunque, i costi per uscire dal dieselgate potrebbero sforare le previsioni attuali. Senza contare che lo scenario è complicato dal fatto che il diesel resta tuttora il modo più rapido ed efficace per tagliare le emissioni di CO2. Che non inquinano, ma contribuiscono ai cambiamenti climatici di cui stiamo vedendo gli effetti in questa torrida estate.